lunedì 19 settembre 2016

Bronte

La Bronte (Coll. Guido Alfano via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net

Nave cisterna per nafta della Regia Marina, già nave carboniera, capoclasse della classe Bronte. Progettata dal maggiore del Genio Navale Giuseppe Rota, era lunga 119,6 metri, larga 14,3 e pescante 7,5, con un dislocamento a pieno carico di 10.250 tonnellate (9450 o 9611 in carico normale), una stazza lorda di 4769 tsl ed una portata lorda di 6000 tpl. Propulsa da una macchina alternativa a vapore della potenza di 4000 CV, raggiungeva una velocità di 14,5 nodi; era armata con quattro cannoni da 57/43 mm (successivamente sostituiti con altrettanti cannoni da 120/47 mm) ed aveva un equipaggio di 122 uomini (9 ufficiali e 113 tra sottufficiali e marinai). Poteva caricare 6000 tonnellate di carbone o 2000 tonnellate di carbone e 4000 tonnellate di nafta.

Per tutta la sua vita fu impiegata come unità rifornitrice delle unità della Squadra Navale: trasportando dapprima carbone, che caricava direttamente in Inghilterra, e successivamente (col generale passaggio dell’alimentazione delle caldaie dal carbone alla nafta) nafta, che caricava nelle Americhe (ad esempio nelle raffinerie di Curaçao, in Venezuela, facendo solitamente scalo intermedio nelle Isole di Capo Verde ed a Buenos Aires). Effettuava sovente rifornimento in mare. Operò nella guerra italo-turca e nella prima guerra mondiale, per poi andare perduta durante il secondo conflitto mondiale.
Nel 1940 era in gestione alla Società Anonima Cooperativa di Navigazione Garibaldi, con sede a Genova, ed era iscritta con matricola 2143 al Compartimento Marittimo di Genova.
Aveva una gemella, la Sterope, affondata in Atlantico da un U-Boot durante la prima guerra mondiale.

Breve e parziale cronologia.

1° ottobre 1903
Impostata nel Cantiere Navale Orlando di Livorno.
11 settembre 1904
Varata nel Cantiere Navale Orlando di Livorno.
1° febbraio 1906
Entrata in servizio.
Vi presta servizio nei primi anni il sottotenente di vascello Ettore Sportiello, futuro ammiraglio.


La Bronte presso il cantiere Fratelli Orlando di Livorno nel febbraio 1906 (Archivio Storico Cantiere Azimut-Benetti di Livorno, via www.associazione-venus.it

1907
Inquadrata nel naviglio ausiliario della Forza Navale Mediterranea, la Bronte partecipa alle esercitazioni della flotta svolte nel Canale di Sicilia e tra Augusta e Siracusa, alla presenza di Vittorio Emanuele III e del re del Siam. Partecipano alle manovre navali anche la Sterope, le corazzate Regina Margherita, Benedetto Brin, Emanuele Filiberto, Ammiraglio Saint Bon, Re Umberto, Sicilia e Sardegna, gli incrociatori corazzati Giuseppe Garibaldi, Francesco Ferruccio e Varese, gli incrociatori torpedinieri Iride, Agordat e Coatit, l’incrociatore protetto Piemonte, i cacciatorpediniere Ostro, Lampo, Aquilone, Dardo, Strale, Zeffiro, Granatiere e Bersagliere, la nave officina Vulcano, la nave cisterna Tevere, la nave aerostiera Elba, la nave affondamine Goito, il trasporto Garigliano e quattro squadriglie di torpediniere d’alto mare (I Squadriglia: Pallade, Sirio, Saffo, Scorpione, Perseo, Pegaso; II Squadriglia: Cigno, Centauro, Canopo, Clio, Calliope, Cassiopea; III Squadriglia: Gabbiano, Pellicano, Sparviero, Nibbio; IV Squadriglia: 68 S, 106 S, 127 S, 128 S, 135 S, 138 S).
Dapprima si svolgono esercitazioni tra siluranti e squadre, poi le navi si dividono in due squadre (rossa ed azzurra) che simulano una battaglia nello stretto di Messina; infine esercitazioni tattiche tra le due squadre. Si tiene anche una rivista navale in onore del re del Siam, con defilamento delle navi presenti.


Cartolina del 1910 ritraente la Bronte (da www.marinaiditalia.com)

10-17 settembre 1911
La Bronte partecipa, in qualità di rifornitrice, alle manovre navali svolte nel Golfo di Santo Stefano, aggregata alla forza navale del viceammiraglio Aubry (corazzate Benedetto Brin, Regina Elena, Vittorio Emanuele, Roma e Napoli, incrociatore corazzato Pisa, ariete torpediniere Agordat, oltre a numerose torpediniere e cacciatorpediniere). Vengono eseguite simulazioni di sbarco sulla costa dell’Argentario e simulazioni di attacco silurante notturno contro le navi maggiori.
1911-1912
Prende parte alla guerra italo-turca, partecipando al blocco di Tripoli, inquadrata nella 3a Squadra dell’ammiraglio Raffaele Borea Ricci d’Olmo.
Successivamente effettua quattro viaggi, insieme alla Sterope, per trasportare in Italia 51.526 tonnellate di nafta acquistate dalla Regia Marina in Nordamerica, Romania e Galizia.
Viene poi dislocata a Costanza, dove rimane fino al 31 marzo 1913.
Maggio 1913
Diversi membri dell’equipaggio della Bronte sono colpiti da febbre tifoide, che causa la morte di un fuochista e di un marinaio.
4 giugno 1914
Classificata nave sussidiaria di prima classe.
Agosto 1914
La Bronte ha base a Livorno, al comando del capitano di fregata Adolfo Ruggero. Fa parte del naviglio ausiliario della Squadra da battaglia, insieme alla nave officina Vulcano, alle cisterne per acqua Eridano e Tevere, al rimorchiatore d’altura Titano ed al trasporto Verbano.
1915-1918
Partecipa alla prima guerra mondiale, assicurando, con quattro altre navi cisterna, i rifornimenti di combustibile dalle Americhe per la Regia Marina.
Dal 1915, non essendo più possibile rifornirsi di nafta dalla Romania a seguito della chiusura dello stretto dei Dardanelli, Bronte e Sterope riprendono a fare la spola con il Texas come già durante la guerra italo-turca.
Successivamente, con la messa in servizio di nuove navi cisterna (Prometeo, sequestrata; Margaretha, noleggiata; Girolamo Ulloa e Luciano Manara, ex austroungariche catturate; Giove e Nettuno, di nuova costruzione), Bronte e Sterope passano per qualche tempo al traffico locale. L’incremento del fabbisogno di nafta della Marina, in seguito, spinge però a dover trasferire di nuovo anche Bronte e Sterope sulle rotte per le Americhe. Gli U-Boote tedeschi causano varie perdite: vengono affondate la Sterope (7 aprile 1918), la Margaretha (13 ottobre 1916) e la Prometeo (18 marzo 1918), mentre viene danneggiata la Giove (13 aprile 1918).
18 marzo 1918
La Bronte recupera una lancia con sette sopravvissuti (tra cui tre feriti, due in modo grave) del rimorchiatore militare francese Utrecht, affondato a cannonate dal sommergibile tedesco UB 49 in posizione 41°04’ N e 11°48’ E (90 miglia ad est di Capo Figari, in Sardegna), con due vittime tra l’equipaggio. La Bronte ha ricevuto il primo SOS lanciato dall’Utrecht sotto attacco, alle 18.25. I naufraghi vengono sbarcati a Napoli il 20 marzo.
Luglio 1918
La Bronte compie un viaggio dalle Bermuda a Gibilterra, via Ponta Delgada (Azzorre), insieme alla cannoniera statunitense Wadena ed a tre cacciasommergibili francesi. Le navi giungono a Gibilterra il 31 luglio.
1918-1922
Risulta dislocata in zona di guerra non ancora smobilitate fino al 6 dicembre 1922.


La Bronte a La Spezia negli anni Venti (g.c. STORIA militare)

1923
Inizia una lunga serie di viaggi tra la raffineria iraniana di Abadan, dove carica carburante, e le basi italiane dell’Eritrea e della Somalia.
Effettua anche due missioni di rifornimento a Curacao.
19 luglio 1925
Radiata temporaneamente dai quadri del Regio Naviglio.
11 aprile 1926
Reiscritta nei quadri del Regio Naviglio.
Anni ’20-‘30
Impiegata nel traffico di combustibili tra la raffineria di Abadan e le basi navali di Venezia, Pola, Brindisi, Tobruk, Massaua nonché di quelle del Dodecaneso.
21 agosto 1937
Viene temporaneamente sospesa l’iscrizione nel quadro del Regio Naviglio, e la nave viene data in gestione (per conto della Marina, che ne rimane proprietaria) alla Cooperativa Garibaldi, società che gestisce buona parte del naviglio ausiliario della Marina; gran parte dell’equipaggio della Regia Marina viene sbarcato e sostituito da personale civile. Per altra fonte, questo sarebbe avvenuto alla fine del 1939.
10-29 marzo 1938
Viaggio ad Abadan.
15-20 dicembre 1938
Altro viaggio ad Abadan.
24-28 gennaio 1939
Viaggio ad Abadan.
14-17 febbraio 1939
Ulteriore viaggio ad Abadan.
7 marzo-6 giugno 1939
Inviata in Mar Nero, per caricare carburante nelle raffinerie di Batum (Georgia, Unione Sovietica).
25 maggio-1° giugno 1939
Viaggio a Batum.
14-23 giugno 1939
Viaggio a Lisbona.
16-20 agosto 1939
Viaggio ad Abadan.
12-14 settembre 1939
Viaggio a Batum, in Mar Nero.
1939
Rimane inquadrata nel Naviglio Ausiliario Autonomo, alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore della Marina (e risulterà tale al 10 giugno 1940).
Marzo-Aprile 1940
Viaggio nel Golfo Persico.
16 maggio 1940
Lascia l’Italia diretta in Iran, per l’ultima missione.

Vista da poppa (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net

Bandar Shapur

Quando l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, la Bronte si trovava all’ancora alla foce del fiume Khor Musa, nel Golfo Persico, insieme alla nave cisterna Barbara della Cooperativa Garibaldi. Nonostante la vigilanza britannica, le due navi riuscirono a rifugiarsi a Bandar Shapur, nel neutrale Iran. Qui si trovava anche un’altra nave italiana, il piroscafo Caboto; tutte e tre le navi vennero internate a Bandar Shapur, in base alle leggi internazionali sulla permanenza di navi di Paesi belligeranti in acque di Paesi neutrali. A Bandar Shapur già si trovavano internate da diversi mesi (dal settembre 1939) cinque navi mercantili tedesche: i piroscafi Hohenfels, Marienfels, Sturmfels, Weissenfels e Wildenfels.
Bandar Shapur era un piccolo porticciolo, composto da una sola banchina, due ancoraggi per le navi ed alcuni magazzini; a qualche miglio di distanza sorgeva il centro abitato, che all’epoca contava soli 4000 abitanti, che dovevano essere riforniti d’acqua via mare o via treno. Anche così, Bandar Shapur era uno dei maggiori porti iraniani sul Golfo Persico; e, quel ch’era più importante, era il capolinea meridionale della ferrovia transiraniana.
Per oltre un anno, la Bronte e le altre navi di Bandar Shapur stazionarono inattive nel porto iraniano, quasi in condizioni di disarmo. La Bronte fu impiegata, in questo periodo, come stazione radio in appoggio alle missioni della Marina italiana, sia quelle ufficiali che quelle clandestine, in Medio Oriente.

Lo scià dell’Iran, Reza Pahlavi, tentava in ogni modo di tenere il suo Paese fuori dalla guerra, mantenendo una rigida neutralità e cercando di non “infastidire” nessuna delle due fazioni in lotta. Da molti decenni, tuttavia, l’Iran intratteneva rapporti amichevoli con la Germania, e negli anni ’30 numerosi tecnici tedeschi – a seguito di trattati commerciali tra i due Paesi – si erano trasferiti nel Paese mediorientale per partecipare ai piani di modernizzazione dell’Iran avviati dallo scià. Tale presenza tedesca nel Paese (tra le 690 e le 3000 persone, a seconda delle stime) era vista con sospetto dal Regno Unito, specialmente dopo il maggio 1941, quando si rifugiarono in Iran diversi esponenti filo-nazisti provenienti dall’Iraq, invaso dalle forze britanniche dopo un fallito colpo di Stato pro-Asse.
Altro motivo di preoccupazione per i britannici era costituito dal fatto che in Iran aveva sede una delle più importanti raffinerie di proprietà britannica, la raffineria di Abadan (appartenente alla Anglo-Persian Oil Company), che produceva 8.000.000 di tonnellate di petrolio all’anno ed aveva un ruolo fondamentale nell’industria bellica del Regno Unito: qualora l’Iran si fosse schierato a fianco dell’Asse, la perdita della raffineria di Abadan sarebbe stato un colpo durissimo per lo sforzo bellico Alleato.
Nel giugno 1941, con l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, si aggiunse un ulteriore motivo: il Regno Unito aveva iniziato ad inviare rifornimenti (provenienti via mare dagli Stati Uniti, che li fornivano in base alla legge Lend-Lease) al suo nuovo alleato sovietico, ma la rotta utilizzata per inviarli, quella dei convogli artici verso Murmansk ed Arcangelo, era insidiata da aerei e sommergibili tedesch, che provocavano gravi perdite. In territorio iraniano passava invece la ferrovia trans-iraniana, che attraversava tutto il Paese unendo Bandar Shapur nel Golfo Persico a Bandar Shah sul Mar Caspio: se i britannici avessero assunto il controllo di tale ferrovia, avrebbero potuto rifornire l’Unione Sovietica molto più facilmente, trasportando i rifornimenti via mare a Bandar Shapur (dove la minaccia aeronavale tedesca era pressoché inesistente) e poi caricandoli sulla ferrovia che li avrebbe portati fin sulle rive del Mar Caspio, parte del quale era in territorio sovietico.
Inoltre, una ulteriore avanzata tedesca ed un’eventuale entrata in guerra dell’Iran a fianco dell’Asse avrebbero minacciato il tergo dello schieramento sovietico, i pozzi di petrolio sovietici del Caucaso, ed i collegamenti tra l’India britannica ed il Mediterraneo.
L’URSS, inoltre, mirava anche ad annettere le regioni iraniane dell’Azerbaigian persiano e del Sahra turcomanno, od anche ad instaurare in Iran un regime comunista filo-sovietico.

Già da tempo i britannici avevano preso ad accusare l’Iran e lo scià Reza Pahlavi di appoggiare il nazismo e di atteggiamento filo-tedesco; ora sia il Regno Unito che l’Unione Sovietica iniziarono ad esercitare crescenti pressioni sull’Iran e sullo scià, inasprendo le tensioni e provocando manifestazioni antibritanniche (che la stampa britannica definì come “filo-tedesche”) a Teheran. Gli Alleati richiesero che lo scià espellesse i tedeschi che vivevano in Iran (perlopiù tecnici, operai e diplomatici), ma Reza Pahlavi rifiutò, dal momento che un simile comportamento avrebbe violato l’atteggiamento neutrale tenuto dal suo Paese. Nel difficile tentativo di acquietare gli Alleati e di restare neutrale, l’Iran iniziò a ridurre le relazioni commerciali con la Germania, ma ormai era troppo tardi: di comune accordo, Regno Unito ed Unione Sovietica avevano deciso per l’invasione dell’Iran.
A seguito dell’invasione dell’Iraq, consistenti forze del Commonwealth erano già stanziate ai confini occidentali dell’Iran, pronte all’azione. Dopo una prima richiesta il 19 luglio, il 17 agosto 1941 il Regno Unito inviò all’Iran un’altra richiesta di espulsione dei tedeschi residenti nel Paese e di concessione dell’utilizzo della trans-iraniana per l’invio di rifornimenti all’URSS, richiesta che il primo ministro iraniano Ali Mansur riconobbe come un tacito ultimatum. Lo scià tentò di temporeggiare, ed intanto mobilitò le sue truppe, pur conscio che una eventuale resistenza avrebbe potuto solo essere simbolica, data la disparità di forze.
Nella notte tra il 24 ed il 25 agosto 1941 l’invasione anglo-sovietica dell’Iran ebbe inizio con un attacco congiunto a sorpresa, senza neanche una dichiarazione di guerra. Forze navali britanniche ed australiane effettuarono sbarchi nel Golfo Persico, altre truppe del Commonwealth attaccarono dal confine iracheno, e tre armate sovietiche attaccarono da nord con un migliaio di carri armati. Aerei britannici e sovietici bombardarono obiettivi strategici nelle principali città iraniane, lanciando inoltre volantini coi quali giustificavano l’invasione e chiedevano alle truppe iraniane di non opporre resistenza.
Il piccolo esercito iraniano fu facilmente sopraffatto da forze tanto superiori; il 29 agosto, quattro giorni dopo l’inizio dell’invasione, lo scià ordinò alle sue truppe di cessare la resistenza.

La Bronte e le altre navi italiane e tedesche di Bandar Shapur si ritrovarono inevitabilmente coinvolte, loro malgrado, in questi eventi. Il 25 agosto, una forza navale anglo-australiana (Forza «B») composta da dieci unità (l’incrociatore ausiliario australiano Kanimbla, al comando del capitano di vascello W. L. G. Adams; la cannoniera britannica Cockchafer; lo sloop indiano Lawrence; la corvetta britannica Snapdragon; i dragamine ausiliari Arthur Cavanagh e Liliac; i rimorchiatori di salvataggio St. Athan e Delavar; la motolancia 20 della Royal Air Force; il dhow requisito Daif, i cui membri dell’equipaggio dovevano fingersi pescatori arabi) diede il via all’Operazione «Bishop», una coda minore dell’invasione dell’Iran (denominata Operazione «Countenance») avente come obiettivo la cattura del porto di Bandar Shapur e del naviglio dell’Asse ivi ormeggiato. Bandar Shapur era quasi indifesa, con una piccola guarnigione militare, qualche poliziotto, due cannoniere e nessun campo minato o batteria costiera.
Le squadre d’abbordaggio dell’eterogenea flottiglia erano state addestrate in segreto ad undici miglia dalla terra più vicina, al largo della foce del fiume Shatt-al-Arab, nonostante le condizioni di tempo talvolta avverse (tanto che il Daif e la motolancia della RAF avevano subito danni); il Kanimbla, destinato a trasportare le truppe da sbarcare, era stato camuffato da nave passeggeri. Erano state formate otto squadre d’abbordaggio, una per ciascuna delle navi italiane e tedesche a Bandar Shapur; tre di esse erano formate da personale della Snapdragon, della Cockchafer e del Lawrence, mentre le altre cinque erano composte da uomini del Kanimbla. Ogni squadra d’abbordaggio era divisa in due gruppi, uno composto da uomini addetti al ponte di comando, ed una da uomini addetti alla sala macchine della nave catturata.
Il Lawrence aveva anche imbarcato a Bassora (Iraq) un distaccamento (compagnie “A” e “D”, con 10 ufficiali e 256 sottufficiali e soldati) del 3° Battaglione del 10° Reggimento Baluch, che trasbordò poi in mare aperto sul Kanimbla. La Forza «B», al comando del commodoro C. M. Graham (imbarcato sul Kanimbla), era stata sottoposta ad addestramento intensivo dall’11 al 16 agosto, quando era stata dichiarata pronta all’operazione; lasciata la foce dello Shatt-al-Arab tra le 13.32 e le 20.15 del 24 agosto, la Forza «B» giunse a Bandar Shapur nelle prime ore del 25.
Alle 4.15 il Lawrence affiancò ed abbordò le uniche unità della Marina iraniana presenti, le cannoniere Chavaaz e Karkas, che furono colte completamente di sorpresa: la Chavaaz venne catturata immediatamente, quasi senza resistenza, mentre la Karkas tentò infruttuosamente di autoaffondarsi, ma venne anch’essa catturata. La cattura delle due cannoniere fu portata a termine nel volgere di un quarto d’ora. Al contempo, la Cockchafer catturò un bacino galleggiante della Marina iraniana, come pianificato.
Questi iniziali scontri permisero alle navi dell’Asse di mettersi in allarme; secondo una fonte – ma di dubbia affidabilità, e non confermata da alcuna altra nota all’autore – inizialmente la Bronte si difese attivamente con i propri cannoni, minacciando seriamente l’Arthur Cavanagh. Realisticamente, però, agli equipaggi delle navi italiane e tedesche non restava che tentare di sabotare od autoaffondare le proprie navi, per impedire che cadessero intatte in mano nemica.
Tutte le navi si erano già preparate da tempo all’autoaffondamento; i metodi scelti da tedeschi ed italiani erano differenti: sulle navi tedesche si era aperta la presa a mare principale e si erano collocate cariche esplosive che avrebbero dovuto aprire falle nello scafo, e si erano inoltre presi provvedimenti per scatenare incendi nelle stive del carico quale misura secondaria. Sulle navi italiane, invece, erano state predisposte delle cariche esplosive di tritolo e gelignite da brillare elettricamente, mediante un centralino provvisorio alimentato a batterie, ed erano state preparate cataste di fusti di cherosene da 10 galloni inframmezzati da bombe di polvere da sparo, con micce tipo Bickford di varie lunghezze.
Il metodo scelto dai tedeschi sarebbe stato più definitivo, perché mirava all’affondamento delle navi, ma poteva essere attivato soltanto all’ultimo momento; il metodo italiano non poteva invece portare direttamente all’affondamento (le cariche esplosive avrebbero messo fuori uso l’apparato motore e gli incendi avrebbero danneggiato o distrutto le sovrastrutture e gli alloggi dell’equipaggio, ma lo scafo non sarebbe stato danneggiato), ma aveva il vantaggio di poter essere attivato in qualsiasi momento. I britannici rilevarono in seguito che i marittimi italiani dovevano aver danneggiato gli apparato motori delle loro navi già prima dell’attacco britannico su Bandar Shapur del 25 agosto.
Suonato l’allarme, che fu lanciato dalla sirena dell’Hohenfels, l’equipaggio della Bronte incendiò quindi la propria nave; lo stesso fecero gli equipaggi della Barbara, del Caboto (entrambi gli incendi furono estinti dal Lawrence, ma non prima di aver causato gravi danni) e del Weissenfels, sul quale furono anche attivate le cariche di autoaffondamento (questo piroscafo fu completamente divorato dalle fiamme ed affondò l’indomani: fu l’unica nave ad andare perduta in modo definitivo). Wildenfels e Marienfels vennero catturati intatti (le cariche di autodistruzione furono disinnescate prima che potessero esplodere), mentre un tentativo dell’equipaggio dello Sturmfels di incendiare la propria nave venne arrestato da una raffica di mitragliatrice, che uccise due uomini. L’Hohenfels tentò di autoaffondarsi, ma si riuscì a portarlo ad incagliare.

Le navi italiane in fiamme a Bandar Shapur: da sinistra verso destra, il Caboto con il Lawrence affiancato sulla sinistra; la Bronte, senza altre navi affiancate; la Barbara, con l’Arthur Cavanagh affiancato a sinistra ed il Daif a dritta (Australian War Memorial).
La Bronte in fiamme (in primo piano, a sinistra) vista da bordo del Kanimbla (Australian War Memorial)

La Bronte (a destra, fumante), con affiancato il Kanimbla (Australian War Memorial)

Marinai australiani tentano di domare le fiamme a bordo della Bronte (Australian War Memorial)

Il Kanimbla si diresse immediatamente verso la Bronte, che bruciava furiosamente a centro nave; la petroliera italiana era disseminata di cataste di taniche di cherosene, che stavano esplodendo dappertutto, sviluppando un calore terrificante. Il Kanimbla puntò tutte le manichette sulla Bronte ed iniziò a riversarvi tonnellate di acqua; riuscì infine ad arrestare la diffusione degli incendi, si affiancò alla Bronte ed inviò a bordo il personale disponibile – dato che 6 ufficiali e 111 sottufficiali e marinai erano già distaccati presso le diverse squadre d’abbordaggio, si dovettero inviare cuochi, camerieri ed altro personale raccogliticcio – mentre era impegnato anche a sparare contro un treno sulla costa per impedirgli di partire, e faceva fuoco contro degli aerei che volavano ad alta quota (e che si rivelarono poi essere britannici). Il Kanimbla provvide inoltre a sbarcare reparti della 24a Brigata Indiana (8a Divisione Indiana), che procedettero rapidamente all’occupazione del porto e dello stabilimento petrolifero di Bandar Shapur, costringendo il modesto presidio iraniano del porto alla resa, mentre due plotoni del 18° Reggimento Fanteria iraniano opposero una breve resistenza per poi ritirarsi nelle vicine paludi.
Tra le 5.30 e le 8 (per altra fonte, entro mezzogiorno), gli incendi della Bronte furono estinti, dopo aver provocato danni gravi, ma non irreparabili.
La nave, seriamente danneggiata, venne rimorchiata dapprima a Bassora, in Iraq, da dove ripartì il 4 settembre a rimorchio dello sloop Falmouth, che lo portò a Karachi (Pakistan). La petroliera venne quindi sottoposta alle necessarie riparazioni.


 Due immagini della Bronte presa a rimorchio dal Kanimbla (Australian War Memorial)


L’equipaggio del Kanimbla posa con alcuni “trofei” catturati a Bandar Shapur: una motolancia della Bronte (a destra) nonché una bandiera ed un salvagente prelevati dall’Hohenfels (Australian War Memorial).

L’equipaggio italiano venne internato in campi di prigionia. Il meccanico Armando Provinciale, da Parua, membro dell’equipaggio della Bronte, morì in India il 2 ottobre 1945, a guerra già conclusa (molti prigionieri, sparsi in campi disseminati per mezzo mondo, non tornarono in Italia che nel 1946 od anche 1947).

Ultimate le riparazioni, la nave venne ribattezzata Empire Peri e trasferita sotto il controllo del Ministry of War Transport (Governo britannico), che la diede in gestione alla British Petroleum.
Riprese così a navigare sotto bandiera britannica: nel marzo 1944 fece parte del convoglio BP. 108 (partito da Bombay con sei mercantili britannici, due panamensi, uno statunitense, uno australiano, uno di Hong Kong), e nell’aprile dello stesso anno viaggiò da Bandar Abbas (da dove partì il 26 aprile) a Masirah (dove giunse due giorni dopo) assieme al rimorchiatore Empire Pat, formando il convoglio PA. 78.
Nel 1945-1946 l’Empire Peri fu impiegata come cisterna per acqua a Bombay.
Nel 1946, finita la guerra, la nave venne restituita alla Marina italiana e riassunse il suo nome di Bronte, ma venne radiata il 18 ottobre dello stesso anno ed avviata alla demolizione in Italia nel 1947. Per altre fonti la demolizione avvenne a Bombay senza che la nave avesse riassunto il nome originario, il che significherebbe che la restituzione fu meramente formale, e la nave non ritornò mai in Italia.

Un’altra immagine della Bronte (da www.7seasvessels.com


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