domenica 10 novembre 2013

Argo

L’Argo in navigazione (g.c. Marcello Risolo)

Sommergibile di media crociera, capoclasse della classe omonima.
Progettati dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone, l’Argo ed il gemello Velella formavano una classe di due unità a doppio scafo parziale ordinate in origine dalla Marina portoghese nel 1930; le specifiche richieste dal committente prevedevano due sommergibili di 780 tonnellate in superficie e mille in immersione, con velocità di otto nodi in immersione e 14 in superficie, armati con sei tubi lanciasiluri da 533 mm ed un cannone da 100/47 mm. Insieme ad essi i portoghesi avevano ordinato ai CRDA anche un’altra classe di due sommergibili di maggiori dimensioni (1045/1305 tonnellate, 8/17 nodi, 8 tubi lanciasiluri da 533 mm, due cannoni da 100/47 mm), Delfim ed Espadarte. La difficile situazione delle finanze portoghesi e l’andamento sfavorevole dei cambi internazionali, tuttavia, determinarono la rescissione del contratto prima del varo (altra fonte fa invece risalire le cause dell’annullamento dell’ordine nelle sanzioni imposte contro l’Italia per la guerra d’Etiopia); i due battelli, già in avanzata fase di costruzione, vennero allora rilevati dalla Marina italiana (nel 1935), che li fece completare. Stessa sorte ebbero i più grandi Delfim ed Espadarte, completati come italiani Glauco ed Otaria.
Argo e Velella, che nelle intenzioni della Marina portoghese avrebbero dovuto costituire i prototipi di una classe più numerosa, erano caratterizzati da particolari forme di scafo e da una struttura innovativa per le costruzioni sommergibilistiche italiane, con un doppio fasciame parziale che in parte richiamava il progetto dei ben più grandi sommergibili oceanici della classe Balilla. Lo scafo resistente era formato da una parte cilindrica raccordata a due tronchi di cono, chiusi da calotte semisferiche; lo scafo esterno si sviluppava tra le due sezioni di giuntura tra la parte cilindrica ed i tronchi di cono dello scafo resistente. La parte centrale dello scafo esterno era resistente, ed in tale sezione le casse emersione, rapida, assetto e deposito di olio erano ricavate tra i due scafi, mentre doppi fondi e serbatoi di carburante erano ricavati tra i due scafi nella rimanente intercapedine.
 
Il varo dell’Argo nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone, il 4 novembre 1936 (g.c. Giorgio Parodi).

Lungo 63,15 metri e largo 6,93, con un pescaggio di 4,46, l’Argo aveva un dislocamento di 809,80 tonnellate in superficie (per altra fonte, 794) e 1018,73 in immersione; in superficie era propulso da due motori diesel FIAT da 1500 CV, su due eliche, che consentivano una velocità massima di 14 nodi ed un’autonomia, in sovraccarico, di 5300 miglia alla velocità massima e di 10.176 miglia a 8,5 nodi. Per la navigazione in immersione c’erano due motori elettrici CRDA da 800 CV in grado di raggiungere una velocità massima di otto nodi, alla quale l’autonomia era di otto nodi, mentre a tre nodi diventava di cento miglia.
L’armamento silurante era costituito da sei tubi lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua e due a poppa, con riserva rispettivamente di sei e due siluri; quello artiglieresco consisteva in un cannone OTO mod. 1931 da 100/47 mm con riserva di 149 proiettili, quello contraereo in due mitragliere singole Breda da 13,2/76 mm con riserva di tremila colpi.
La profondità di collaudo era di cento metri, l’equipaggio era composto da 40 uomini, tra cui quattro ufficiali.
Fin da subito Argo e Velella dimostrarono eccellenti qualità generali, mostrandosi solidi, manovrabili e dotati di buona autonomia a dispetto del non elevato dislocamento; unico difetto era costituito dalla non grande velocità in superficie. Diedero risultati ampiamente soddisfacenti in ogni mare in cui furono impiegati, da Mar Rosso all’Atlantico, sia in acque ristrette che nei grandi spazi oceanici; per questo dal loro progetto venne derivato, durante la guerra, quello della ben più numerosa classe Tritone. Scrive Aldo Cocchia: "Fra i nuovi sommergibili, quelli che, per le loro caratteristiche, più assomigliavano ai sommergibili tedeschi, indipendentemente dalle trasformazioni di Betasom, erano i due della classe Argo. Piccoli, di forme molto marine, senza ingombranti sovrastrutture, dotati di buona autonomia, non faceva loro difetto che la velocità, ma per il resto erano perfettamente idonei a far la guerra al traffico in Atlantico con le modalità della tattica tedesca".
 
Durante il secondo conflitto mondiale l’Argo effettuò 37 missioni di guerra, 31 in Mediterraneo e sei in Atlantico, percorrendo 31.524 miglia in superficie e 2550 in immersione e trascorrendo 245 giorni in mare. Affondò una nave mercantile di 5066 tsl ed una nave da guerra di 2376 tonnellate e danneggiò un’altra nave da guerra di 1358 tonnellate, mentre più dubbia è l’attribuzione dell’affondamento di un’altra nave mercantile di 13.482 tsl.
Il suo motto era "Subsum et praesum" ("Sottostante e pur prevalente").
 
Breve e parziale cronologia.
 
15 ottobre 1931
Impostazione presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1109).
(Questo secondo i testi dell’USMM, mentre stranamente sul sito del Museo della Cantieristica di Monfalcone la data dell’impostazione viene indicata nel 9 dicembre 1935, una discrepanza di ben quattro anni).
24, 26 o 27 novembre 1936
Varo presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
31 agosto 1937
Entrata in servizio. Assegnato, insieme al Velella, alla XLII Squadriglia Sommergibili del IV Grupsom di Taranto, dove si trasferisce una volta completate le prove di collaudo in Alto Adriatico.


L’Argo in allestimento a Monfalcone, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 1936. Sul lato esterno è ormeggiato il più piccolo sommergibile Axum, della classe Adua (sopra: da “I sommergibili di Monfalcone” di Alessandro Turrini, supplemento alla “Rivista Marittima” n. 11 del novembre 1998, via www.betasom.it; sotto: g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net)


Inizio 1939
Dislocato a Massaua, in Eritrea (sul Mar Rosso), dove raggiunge il Velella già inviatovi da qualche mese. Entra a far parte della Flottiglia Sommergibili dell’Africa Orientale Italiana.
Primavera 1940
Argo e Velella rientrano in Italia.
31 maggio 1940
Assume il comando dell’Argo il tenente di vascello Alberto Crepas, 33 anni, da Roma. Scrive di lui l’ammiraglio Aldo Cocchia, all’epoca capitano di fregata e sommergibilista: "L’Argo era rientrato dall’Africa Orientale Italiana subito prima dell’inizio della guerra e, dopo un breve periodo di lavori, era pronto a riprendere il mare, quando fu necessario cambiare il comandante. Faceva allora parte del mio gruppo, e fui io stesso a proporre che suo nuovo comandante fosse il tenente di vascello Crepas, ufficiale in seconda del Micca, il nostro grosso sommergibile posamine. Crepas, pur senza raggiungere l’eccellenza di pochi eletti, dimostrò capacità professionale e sano spirito combattivo".

Il capitano di corvetta Alberto Crepas, comandante dell’Argo (g.c. Giovanni Pinna)

17 giugno 1940
Uscita per esercitazione da La Spezia, dalle 6.45 alle 17, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, al termine di un lungo periodo di lavori. Percorse 75,6 miglia.
21 giugno 1940
Altra uscita per esercitazione da La Spezia al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, dalle 5.32 alle 14.10. Percorse 27,5 miglia.
22 giugno 1940
Parte da La Spezia alle 14.20, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per trasferirsi a Savona, dove giunge alle 20.53, dopo aver percorso 72,8 miglia.
23 giugno 1940
Lascia Savona alle 14.10, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per tornare a La Spezia, dove arriva alle 21.45.
26 giugno 1940
Lascia La Spezia alle 22.35 per trasferirsi a La Maddalena, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, insieme ai sommergibili Neghelli e Scirè.
27 giugno 1940
Arriva a La Maddalena alle 20.35, dopo aver percorso 228 miglia.
10 luglio 1940
Salpa da La Maddalena alle 00.50, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per un pattugliamento ad 80 miglia per 310° dal faro di Punta Asinara (Sardegna). Forma uno sbarramento insieme ai sommergibili Iride, Diaspro e Scirè, schierati ad intervalli di quindici miglia.
12 luglio 1940
Rientra a La Maddalena alle 9.52, dopo aver percorso 309,6 miglia.
27 luglio 1940
Uscita da La Maddalena per sorveglianza idrofonica, dalle 13.43 alle 20.30, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas. Percorse 41,8 miglia.
31 luglio 1940
Salpa da La Maddalena alle 22.25, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, insieme a Scirè e Neghelli, per un pattugliamento in posizione 37°40’ N e 06°20’ E.
1° agosto 1940
Entra a Cagliari alle 15.18 per ritirare il plico con l’ordine d’operazione, poi riprende il largo alle 15.42, diretto a sud delle Baleari in posizione 37°49’ N e 06°20’ E. Deve formare uno sbarramento insieme ai sommergibili Scirè, Neghelli, Turchese, Axum, Medusa (poi rientrato per avaria e sostituito dal Luciano Manara) e Diaspro: Maricosom ha predisposto uno sbarramento su due segmenti, uno composto da tre sommergibili e l’altro da quattro, a nord di Capo Bougaroni (meridiano 06°20’ E); le due linee distano dieci miglia tra di loro, e l’intervallo tra due sommergibili di una stessa linea è di venti miglia.
10 agosto 1940
Rientra a La Maddalena alle 22.37, dopo aver percorso 1167 miglia senza avvistare niente.
23 agosto 1940
Lascia La Maddalena alle 13.30, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per trasferirsi a La Spezia (dove dovrà effettuare dei lavori di raddobbo) effettuando sorveglianza idrofonica strada facendo.
24 agosto 1940
Arriva a La Spezia alle 9.30, dopo aver percorso 41,8 miglia.
23 settembre 1940
Uscita da La Spezia per prove in mare al termine dei lavori, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, dalle 8.35 alle 16.30. Percorse 42 miglia.
26 settembre 1940
Altra uscita da La Spezia per prove in mare, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, dalle 8.05 alle 17. Percorse 40 miglia.
28 settembre 1940
Ulteriore uscita da La Spezia per prove in mare al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, dalle otto alle 16.20. Percorse 31 miglia.
2 ottobre 1940
Salpa da La Spezia alle 14, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per trasferirsi in Atlantico: è stato assegnato alla nuova base atlantica di Betasom, stabilita a Bordeaux, nella Francia occupata dai tedeschi. Nel corso della missione dovrà pattugliare un’area compresa tra i meridiani 09°04’ O e 09°42’ O ed i paralleli 36°00’ N e 36°30’ N.
8 ottobre 1940
Attraversa lo stretto di Gibilterra.
12 ottobre 1940
Alle 8.46 l’Argo osserva del fumo, ed alle nove s’immerge e riconosce l’unità che lo produce come una nave armata di cui Crepas valuta la stazza in 4000 tsl, con rotta 180°. In realtà, il comandante dell’Argo ha sovrastimato enormemente le dimensioni del suo bersaglio: si tratta infatti del piropeschereccio armato Cape Barracouta di sole 390 tonnellate, requisito dalla Royal Navy come unità antisommergibili. Alle 9.40, in posizione 36°50’ N e 10°00’ O (a 50 miglia per 260° da Capo San Vincenzo), l’Argo lancia un siluro tipo W da 533 da un tubo prodiero, da 600 metri di distanza, ma il bersaglio viene mancato. Il Cape Barracouta avvista la scia e lancia l’allarme via radio; il maltempo impedisce all’Argo di attaccare con il cannone.
Alle 14.34, in posizione 36°00’ N e 09°30’ O, l’Argo ferma il piropeschereccio portoghese Estella Do Norte di 325 tsl, che lascia proseguire alle 15.45 dopo averlo ispezionato.
24 ottobre 1940
Scortato dai dragamine tedeschi M 9, M 13 e M 21, arriva a Bordeaux alle 13.20, dopo aver percorso 3038 miglia. Durante il pattugliamento sono stati riscontrati malfunzionamenti in ben tre tubi lanciasiluri, due a prua ed uno a poppa.
22 novembre 1940
Al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, l’Argo salpa da Bordeaux alle 11.30 per la sua seconda missione atlantica, un pattugliamento tra i meridiani 17°oo’ O e 20°00’ O ed i paralleli 53°20’ N e 54°20’ N (ad ovest dell’Irlanda). Farà parte del "Gruppo Giuliani", cui appartengono anche i sommergibili Reginaldo Giuliani, Capitano Tarantini e Luigi Torelli: le quattro unità devono pattugliare l’area compresa tra i meridiani 15° O e 20° O ed i paralleli 57°20’ N e 53°20’ N.
28 novembre 1940
Raggiunge la zona assegnata per la missione.
1° dicembre 1940
Alle 4.49, mentre l’Argo sta navigando in superficie, l’ufficiale di guardia avvista in posizione 54°05’ N e 16°55’ O (trecento miglia ad ovest dell’Irlanda) un’ombra che viene inizialmente ritenuta essere un altro sommergibile italiano: viene pertanto effettuato il segnale di riconoscimento, ma non c’è risposta. L’Argo assume rotta d’intercettazione, ed al calare di distanze, il “sommergibile” si rivela essere un cacciatorpediniere: si tratta infatti del canadese HMCS Saguenay (capitano di corvetta George Ralph Miles), un’unità di 1358 tonnellate dell’eterogenea classe “Canadian River”, composta in realtà da 14 unità appartenenti a ben sette classi diverse. Il Saguenay ed il gemello Skeena, prime unità costruite espressamente per la Marina canadese (nel 1930-1931), sono derivati con alcune modifiche dai cacciatorpediniere classe A della Marina britannica.
Di scorta al convoglio HG. 47 (partito da Gibilterra il 20 novembre con 31 navi e diretto a Liverpool, dove arriverà il 4 dicembre), il Saguenay ha perso il contatto con esso e si trova quindi da solo quando viene avvistato dall’Argo. Giunto a seicento metri di distanza, il sommergibile italiano lancia un siluro da 533 da un tubo prodiero: dopo 40 secondi, l’arma va a segno, asportando la prua del Saguenay ed uccidendo 21 uomini. L’Argo ruota poi per rivolgere la poppa alla nave danneggiata e lancia dai tubi poppieri un siluro da 450 mm per finirla, ma la manca; sempre dai tubi di poppa viene poi lanciato un secondo siluro, da 533 mm, e Crepas crede che questa volta abbia colpito, affondando l’unità avversaria, che non è più visibile. L’impressione che il cacciatorpediniere sia affondata è rafforzata dal recupero, da parte degli uomini dell’Argo, di documenti che galleggiano sul mare e che rivelano l’identità della nave nemica.
In realtà, il terzo siluro ha mancato il Saguenay, che nonostante i gravissimi danni subiti rimane faticosamente a galla. Il cacciatorpediniere ha avvistato l’Argo poco prima del lancio, da una distanza di 730 metri, ed ha sparato contro di esso due colpi di cannone prima di essere colpito dal siluro a prora sinistra, con distruzione della prua (orario e posizione indicati dal Saguenay sono le 3.55, in 54°40’ N e 15°20’ O). Alle sette del mattino il cacciatorpediniere britannico Highlander, che con il Saguenay faceva parte della scorta del convoglio HG. 47, giunge sul posto e trasborda dalla nave ferita cinque ufficiali e 85 marinai. A bordo del Saguenay rimangono cinque ufficiali e 53 marinai, che riescono faticosamente a salvare la nave dirigendo a marcia indietro verso il porto più vicino: rimorchiato dal rimorchiatore Schelde, scortato dall’Highlander ed assistito dai rimorchiatori Englishman e Salvonia (poi distaccato per andare in soccorso dell’incrociatore ausiliario Forfar, silurato da un U-Boot) e dai piropescherecci armati Sphene, Stella Polaris e Foxtrot, il caccia mutilato entrerà a Barrow-in-Furness alle 16.15 del 5 dicembre. I lavori di riparazione, effettuati a Greenock, si protrarranno fino al 22 maggio 1941.
Così Aldo Cocchia, all’epoca capo di Stato Maggiore di Betasom con il grado di capitano di fregata, descrive il siluramento del Saguenay nel suo libro di memorie “Convogli”: "[L’Argo] era in agguato nell’Atlantico settentrionale e vagabondava per il mare in cerca di preda quando fu raggiunto da un marconigramma di Betasom che informava che in lat. X…, long. Y…, era stato avvistato un convoglio con rotta est, velocità 8 nodi e che lui, l’Argo, si portasse subito all’attacco. Date le posizioni e la velocità reciproche, il nostro sommergibile distava dal convoglio dalle 25 alle 30 ore di navigazione a tutta forza, ma Crepas non si lasciò sgomentare né dalla distanza né dalle ore di moto e partì. Giunse di notte nella zona indicata da Betasom e capì subito che in quelle acque la tragica caccia al convoglio aveva avuto il suo epilogo. Il mare, illuminato qua e là dai sinistri bagliori dei piroscafi incendiati, era costellato dei piccoli fanali accesi delle imbarcazioni cariche di naufraghi. Triste spettacolo questo di esseri umani abbandonati nel mezzo dell’Oceano in pieno inverno in fragili imbarcazioni, nelle quali sarebbero stati esposti a tutte le intemperie con pochi viveri, poca acqua, scarsi indumenti. (…) Crepas girovagò un po’ fra le imbarcazioni, ansioso che un bersaglio apparisse entro il campo del suo binocolo, ma la battaglia sembrava irremissibilmente terminata. (…) Il nostro sommergibile disperava ormai di trovare un bersaglio quando, di un tratto, una sagoma sottile slanciata si profila innanzi agli occhi di Crepas che calcola rapidamente i dati di lancio e fa partire due siluri verso la sottile sagoma giustamente identificata per un cacciatorpediniere. Mentre si compie la manovra di disimpegno due esplosioni che si ripercuotono nel battello non consentono dubbi sull’esito dell’attacco: il caccia nemico è stato raggiunto e, con due siluri nella pancia, difficilmente potrà sopravvivere. Bisogna tuttavia assicurarsi che sia proprio finito, e perciò l’Argo ritorna sui suoi passi in cerca di relitti e naufraghi o, quanto meno, di uno scafo fermo in procinto di affondare. Non trova né relitti né naufraghi né scafi affondanti, ma, a cercar bene, vengono rivenuti alcuni rottami e, quel che più importa, carte e libri di bordo disseminati su una superficie abbastanza vasta. Si apprende così che il cacciatorpediniere colpito è il Saguenay, della Marina canadese. Siccome in giro non si vede niente, non c’è che una logica deduzione da fare e cioè che il cacciatorpediniere è affondato corpo e beni e che ha lasciato sul mare, quasi carta da visita, una parte dell’archivio di bordo tenuto forse sulla plancia. È un buon colpo, Crepas si frega le mani e prosegue la sua crociera. (…) Il giorno dopo [il rientro alla base] il comando sommergibili tedesco chiede conferma del nome del cacciatorpediniere affondato. Viene ripetuto il nome del Saguenay, ma si capisce che c’è qualcosa che non va. Passano alcune ore, poi ci viene comunicato che il Saguenay è rientrato, o meglio, sta rientrando in una base della Scozia. Il telegrafo lavora con una certa intensità fra Betasom e il comando tedesco, e alla fine ci vengono comunicati alcuni marconigrammi inglesi intercettati dal comando germanico e dai quali risulta che il Saguenay, senza prua e navigando alla velocità di tre nodi a rimorchio di altra silurante, è riuscito ad allontanarsi dal campo di battaglia e ad avvicinarsi alle isole britanniche. Ora è quasi in porto e verso di lui dirigono rimorchiatori, unità di scorta, aerei ecc. Più niente da fare. Delusione di Crepas e dell’equipaggio dell’Argo, ma bisogna convenire che questi cacciatorpediniere hanno la pelle dura. Due siluri non sono bastati ad averne ragione!".


Sopra, il cacciatorpediniere canadese Saguenay (da www.navy.gc.ca); sotto, con la prua distrutta dal siluro dell’Argo (Canadian War Museum)


2 dicembre 1940
Nella notte tra l’1 ed il 2 dicembre l’Argo viene informato della presenza verso nordest di un convoglio di 8-10 nodi, pertanto si dirige in quella direzione a tutta forza, anche se il mare mosso impedisce di superare gli otto nodi.
Alle 6.10, in posizione 54°53’ N e 18°28’ O, viene sentito il rumore dell’impatto di un siluro contro una nave, a circa 4 km di distanza, preceduto da tiro d’artiglieria. Probabilmente si tratta dell’attacco condotto più o meno a quell’ora (6.06) dall’U 47 del famoso Günther Prien contro il piroscafo britannico Dunsley in 54°41’ N e 18°41’ O, anche se non vi è in realtà stato lancio di siluri ma solo tiro d’artiglieria. Pur danneggiato, il Dunsley riesce a fuggire.
Altra fonte parla di avvistamento di bengala e rumore di esplosioni di siluri, riconducibili agli attacchi da parte dell’U 47, dell’U 99 e dell’U 101 contro il convoglio HX. 90, cui apparteneva anche il Dunsley, che aveva perso il contatto con le altre navi.
Alle l’Argo avvista in 54°36’ N e 18°26’ O una piccola nave ritenuta essere un piroscafetto o forse un’unità di scorta, forse impegnata nel salvataggio di naufraghi; dopo aver lanciato il segnale di scoperta, il sommergibile ferma i motori diesel e si avvicina con i più silenziosi motori elettrici, nel tentativo di cogliere la nave di sorpresa. Alle 8.25 lancia un siluro da 533 mm dal tubo numero 4 da 500 metri di distanza, ma l’arma, difettosa, vira a dritta e manca il bersaglio, guizzando per giunta sopra la superficie e rivelando così la presenza del sommergibile. L’Argo scende allora ad ottanta metri di profondità, ed alle 9.19 inizia ad avvertire il suono dell’ASDIC, subito seguito dal lancio di bombe di profondità. Dalle 9.12 alle 14.37 è sottoposto a caccia sistematica da parte di due cacciatorpediniere; vengono contate 96 esplosioni di bombe di profondità, ma non viene praticamente subito alcun danno, nonostante alcune bombe esplodano piuttosto vicine. Alle 20.45 l’Argo riemerge e manda i cannonieri al posto di combattimento, ma non ci sono navi in vista.
La nave attaccata e mancata dall’Argo era il cacciatorpediniere canadese St. Laurent, che al momento dell’attacco stava cercando i naufraghi dell’incrociatore ausiliario Forfar, dopo aver già recuperato quelli della nave cisterna Conch; di nuovo il sommergibile italiano era incappato negli strascichi dell’attacco al convoglio HX. 90, cui appartenevano sia il Forfar che la Conch, affondate dall’U 99 dell’asso Otto Kretschmer (la Conch dopo essere già stata danneggiata da un siluro dell’U 47). Avvistato il siluro – posizione indicata dalle fonti britanniche come 54°37’ N e 18°26’ O –, il St. Laurent ed il cacciatorpediniere britannico Viscount hanno dato la caccia all’Argo con il lancio di 81 bombe di profondità dalle 9.32 alle 13.50, per poi lasciare la zona. I comandanti di St. Laurent e Viscount hanno dubbi sul risultato della loro caccia, ma l’U-Boat Assessment Committee riterrà, a torto, che il sommergibile sia stato “probabilmente affondato”.
4 dicembre 1940
Alle 12.55 viene avvistato un idrovolante Short Sunderland a duemila metri di distanza, in posizione 54°00’ N e 18°00’ O; l’Argo spara contro di esso sei caricatori con le mitragliere, poi s’immerge a 60 metri. (Per altra fonte, probabilmente erronea, l’Argo ebbe modo di sfuggire immergendosi rapidamente grazie al forte vento che impedì al Sunderland di attaccare sollecitamente; per altra ancora l’Argo rimase in superficie e rispose al fuoco, e l’aereo, dopo due attacchi, si allontanò, forse danneggiato).
5 dicembre 1940
Alle 3.39 l’ufficiale di guardia avvista improvvisamente una sagoma scura, che viene poco dopo identificata come una nave a due fumaioli di 12.000 tsl; subito viene lanciato contro di essa un siluro, da soli cinquecento metri di distanza. Dopo 35 secondi il siluro va a segno, colpendo la nave sotto il primo fumaiolo; a questa esplosione ne segue un’altra, attribuita allo scoppio delle caldaie, e la nave affonda in posizione 54°14’ N e 18°08’ O (secondo l’Argo; le 54°00’ N e 17°30’ O per le fonti britanniche, che indicano l’ora dell’affondamento nelle 2.20), trecento miglia ad ovest dell’Irlanda.
La nave affondata dall’Argo è la motonave britannica Silverpine, di 5066 tsl, in navigazione in zavorra da Glasgow a New York al comando del capitano William Barrington Bowyer; ha navigato per un tratto con il convoglio OB. 252 (partito il 30 novembre da Liverpool e composto da 32 mercantili scortati in tempi diversi da un totale di tredici unità), che ha lasciato in seguito alla sua dispersione il 4 dicembre. 36 dei 55 membri dell’equipaggio, compreso il comandante Bowyer, muoiono nell’affondamento, i 19 superstiti verranno recuperati alle nove del mattino dal cacciatorpediniere britannico Harvester, che li sbarcherà a Londonderry, in posizione 57°00’ N e 17°30’ O. Lo stesso Harvester dà la caccia all’Argo, che da parte sua rileva il lancio di tre “pacchetti” di otto bombe di profondità ciascuno dalle 4.12, causando solo danni lievi.
6 dicembre 1940
Le condizioni meteomarine vanno peggiorando: gli uomini di guardia in plancia – che per non essere trascinati in mare dalle onde devono legarsi – sono continuamente travolti da onde enormi, più alte del sommergibile, e l’acqua si riversa anche all’interno attraverso il portello della torretta, causando vari danni, specie agli impianti elettrici (sino a causare un cortocircuito che fa venire a mancare la luce) ed alle strumentazioni poste vicino al portello, nonché alla radio, che diventa completamente inservibile. In conseguenza dei danni, il comandante Crepas decide per il rientro a Bordeaux. Il sommergibile cerca di navigare in immersione più a lungo possibile, emergendo solo per ricaricare le batterie e cambiare l’aria, perché in superficie il beccheggio ed il rollio sono violentissimi; occorre eliminare l’acqua che entra in camera di manovra dal portello della torretta con catene di buglioli.
11 dicembre 1940
Alle 15.45, mentre l’Argo è in navigazione nel golfo di Guascogna e non manca ormai che un giorno all’arrivo a Bordeaux, una grossa onda – ormai il maltempo è degenerato in tempesta – spazza la plancia e trascina in mare il comandante in seconda, tenente di vascello Alessandro De Santis, slegatosi per il cambio della guardia in plancia.
Invertita la rotta (per altra fonte, messi i motori indietro tutta), nonostante il maltempo l’Argo riesce ad avvicinarsi fino ad una ventina di metri da De Santis, mentre da bordo salvagenti, sacchetti, cime ed altri oggetti che possono galleggiare vengono lanciati verso di lui.
De Santis si libera del pesante cappotto di pelle, degli stivali e di quanto è d’intralcio per nuotare, mentre il comandante Crepas faceva manovrare l’Argo per avvicinarsi il più possibile; il ventitreenne sottocapo cannoniere Lorenzo Ciapetti, precariamente assicurato al sommergibile con una cima, si offre volontario per buttarsi in mare con un salvagente nel tentativo di recuperarlo, avvicinandosi al malcapitato con bracciate forti e veloci.
Quando Ciapetti è ormai arrivato a non più di otto o dieci metri da De Santis, i due vengono travolti dall’ennesima onda, e poco dopo lo sfortunato “tenente” dell’Argo, dopo aver alzato il braccio in un ultimo saluto, scompare tra i flutti. Ciappetti, sfinito per aver nuotato nell’acqua gelida, deve tornare a bordo.
Vana ogni ricerca; all’Argo non resta che riprendere la navigazione verso Bordeaux. Per il suo generoso, per quanto vano, tentativo il sottocapo Ciapetti sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare ("Imbarcato su un sommergibile che nel corso di una lunga missione di guerra in Atlantico silurava un cacciatorpediniere, affondava un piroscafo di grosso tonnellaggio e respingeva un attacco aereo, assolveva con sereno ardimento il proprio incarico di mitragliere. Con mare tempestoso, si lanciava generosamente in soccorso dell’ufficiale in 2a strappato di bordo da una ondata, mettendo in gravissimo rischio la propria vita nel disperato tentativo di salvarlo").
Al tenente di vascello Alessandro De Santis, nato a San Bartolomeo in Galdo (Benevento) il 18 marzo 1913, verrà conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria, con motivazione "Ufficiale in 2a di sommergibile che nel corso di una lunga missione di guerra in Atlantico silurava un cacciatorpediniere e affondava un piroscafo di grosso tonnellaggio, coadiuvava con decisione e con sereno ardimento il suo comandante, contribuendo validamente al successo della missione. Durante la navigazione di ritorno scompariva in mare travolto da una ondata che lo strappava dal proprio posto di guardia in plancia. (Oceano Atlantico, novembre-dicembre 1940)".
Così Aldo Cocchia ricorda la tragica morte di De Santis: “[L’Argo] Ha la fortuna di “incocciare” ancora un piroscafo che viene regolarmente affondato di notte con attacco in superficie [il Silverpine]. Chi fa il colpo è anzi l’ufficiale in seconda tenente di vascello De Santis, di servizio in plancia mentre il comandante riposa. (…) È proprio l’ultimo giorno di navigazione che sul battello si abbatte un grave lutto. Un colpo di mare trascina fuoribordo il bravo e benvoluto De Santis e lo travolge tra le sue onde. L’Argo si ferma nella zona, ricerca per ore ed ore il suo ufficiale, ma ogni ricerca è vana, perché il mare in tempesta difficilmente restituisce le sue vittime. Quasi geloso di questi uomini che ne violano in tutti i modi i segreti e che ne signoreggiano le onde e i flutti, quando riesce a ghermirne qualcuno, lo conserva selvaggiamente per sé. Soltanto dopo 24 ore l’Argo abbandona le ricerche e raggiunge Betasom. Rallegramenti per i successi conseguiti, dolore per la luttuosa perdita subita”.
Il tenente di vascello De Santis è l’unico membro dell’equipaggio ad essere morto sull’Argo durante la seconda guerra mondiale.

Il tenente di vascello Alessandro De Santis (g.c. Giovanni Pinna)

12 dicembre 1940
L’Argo conclude la missione con l’arrivo a Le Verdon alle 19, dopo aver percorso 3075 miglia.
Per l’affondamento della Silverpine ed il siluramento del Saguenay il comandante Crepas riceverà la Medaglia d’Argento al Valor Militare ("Comandante di sommergibile, nel corso di lunga missione di guerra in Atlantico condotta con tenacia, slancio e spirito aggressivo, silurava un cacciatorpediniere nemico ed attaccava in superficie, di notte, un convoglio fortemente scortato, affondando un piroscafo di grosso tonnellaggio. Fatto segno ripetutamente ad ostinata caccia nemica, riusciva a sfuggire all’azione avversaria continuando a tenere l’agguato benché il sommergibile fosse gravemente menomato"), ma all’arrivo a Bordeaux la bandiera dell’Argo, che sarebbe dovuta essere vittoriosa, è a mezz’asta per la tragica morte di De Santis. Alla base, ai complimenti per i successi contro il Silverpine ed il Saguenay si uniscono le condoglianze per la scomparsa dell’ufficiale in seconda; all’indomani dell’arrivo in porto viene tenuta a bordo una messa in suffragio di De Santis.
Dicembre 1940-Febbraio 1941
Lavori di manutenzione.
21 febbraio 1941
L’Argo lascia Bordeaux alle 15.08, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per trasferirsi a Le Verdon, dove arriva alle 19.50, dopo aver percorso 47 miglia.
22 febbraio 1941
Uscita da Le Verdon per prove in mare, dalle 15.02 alle 17.45, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas. Percorse dieci miglia.
23 febbraio 1941
Lascia Le Verdon a mezzogiorno, sempre al comando del tenente di vascello Crepas, per trasferirsi a La Pallice insieme al sommergibile Brin, e con la scorta dei dragamine tedeschi M 2, M 6 e M 21 e dello Sperrbrecher 16.
24 febbraio 1941
Arriva a La Pallice alle 00.30, dopo aver percorso 62 miglia.
25 febbraio 1941
Uscita da La Pallice per esercitazione, dalle 8.40 alle 16.53, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas. Percorse 53 miglia.
28 febbraio 1941
Al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, l’Argo lascia La Pallice alle 17.05 per un pattugliamento in Atlantico, tra i meridiani 13°00’ O e 25°00’ O ed i paralleli 59°30’ N e 53°00’ N.
1° marzo 1941
Alle 13 l’Argo avvista un aereo non identificato a 6 km di distanza, in posizione 45°55’ N e 08°30’ O; l’aereo vola in cerchio attorno al sommergibile, avvicinandosi fino a mille metri. L’Argo effettua il segnale di riconoscimento, ma non ottiene risposta, pertanto s’immerge, mentre l’aereo si allontana.
5 marzo 1941
Alle 14 viene avvistato un sommergibile classe Bianchi con rotta 120° in posizione 47°10’ N e 11°40’ O. L’Argo accosta in fuori.
7 marzo 1941
Alle 14 viene avvistato un aereo a 6000 metri di distanza, in 53°35’ N e 16°50’ O. Quando la distanza è calata a 1500 metri, l’Argo effettua il segnale di riconoscimento, e riceve la corretta risposta. Quando però la distanza si è ulteriormente ridotta, a soli ottocento metri, il velivolo viene riconosciuto come un idrovolante britannico Short Sunderland: è infatti il Sunderland "H" del 210th Squadron della Royal Air Force, che però esita ad attaccare perché in zona si trova un sommergibile britannico, il Taku, e teme incidenti di fuoco amico. L’Argo, che ha subito aperto il fuoco con le mitragliere, riesce così a tenere a bada il Sunderland per il tempo necessario all’immersione, che avviene alle 14.15. (Le fonti britanniche indicano l’incontro come avvenuto alle 13.01, in posizione 53°20’ N e 18°50’ O).
10 marzo 1941
Alle 18.30 viene avvistata un’unità antisommergibili a quattromila metri di distanza in posizione 57°37’ N e 23°55’ O; l’Argo s’immerge e non viene localizzato.
11 marzo 1941
Alle 12.20 viene avvistata una nave di 4000-5000 tsl a 6-7 km di distanza, avente rotta 060°, in posizione 57°15’ N e 24°36’ O. L’Argo manovra intorno ad essa con l’intenzione di attaccare in serata, ma perde il contatto alle 13.55.
27 marzo 1941
Alle 13, in posizione 47°20’ N e 09°20’ O, viene avvistato un aereo in avvicinamento da sud. Quando la distanza è calata a mille metri, l’Argo effettua il segnale di riconoscimento, ma non ottiene risposta; ad ottocento metri l’aereo viene riconosciuto come un Sunderland, che batte in ritirata verso nord dopo che il sommergibile gli ha sparato contro due colpi. Nondimeno, nel rapporto di missione Crepas segnalerà di ritenere insufficiente l’armamento contraereo dell’Argo, raccomandando di raddoppiare il numero delle mitragliere da due a quattro.

Il comandante Crepas in missione (da Uboat.net)

30 marzo 1941
Conclude la missione arrivando a Bordeaux alle 11.42, dopo aver percorso 4270 miglia. Entra poi in bacino di carenaggio per lavori di raddobbo.
19 maggio 1941
Sempre al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, l’Argo salpa da Bordeaux alle 13.45 per la sua quarta missione atlantica, da svolgere al largo del Portogallo e ad ovest dello stretto di Gibilterra, tra i meridiani 06°30’ O e 07°40’ E ed i paralleli 35°40’ N e 36°20’ N.
20 maggio 1941
Alle 15.10 viene avvistato un bombardiere tedesco, col quale vengono scambiati i segnali di riconoscimento, in posizione 44°18’ N e 03°19’ O.
21 maggio 1941
Alle 17.21, in posizione 44°28’ N e 08°15’ O, viene avvistato a 4000 metri di distanza un altro aereo, che si avvicina fino a duemila metri, senza rispondere ai segnali di riconoscimento per poi allontanarsi verso sud.
26 maggio 1941
Alle 23 l’Argo viene informato da Betasom (con messaggio trasmesso alle 22.15) dell’avvistamento alle 16 di una corazzata, una portaerei ed un incrociatore, probabilmente diretti a Gibilterra, nel quadrante 0326/22. Si tratta della Forza H britannica; l’Argo ed i sommergibili Mocenigo, Veniero e Guglielmo Marconi ricevono l’ordine di intercettarla.
27 maggio 1941
All’una di notte l’Argo avvista una nave illuminata, con rotta 200°, in posizione 35°45’ N e 08°56’ O. Trattandosi di una nave neutrale, non viene molestata.
29 maggio 1941
Alle 16.30 l’Argo avverte rumore di macchine, e poco dopo avvista un convoglio di dieci mercantili, scortati da tre cacciatorpediniere, con rotta 240°, in posizione 35°58’ N e 06°48’ O (nel quadrante 1510/66). Alle 17.40 il sommergibile emerge e Lancia il segnale di scoperta, ma non riesce a mantenere il contatto con il convoglio a causa di un’avaria ad uno dei motori diesel.
30 maggio 1941
Dalle 7.30 alle 22.52, al largo di Capo San Vincenzo, l’Argo è sottoposto a sistematica caccia con bombe di profondità, di cui conta ben 91 esplosioni, da parte di un’unità sottile. Sfuggito indenne, riemerge alle 23.30 e si allontana verso ovest.
31 maggio 1941
Dalle 12.30 alle 15.46 l’Argo è sottoposto a caccia sistematica da parte di tre navi, durante la quale conta quindici esplosioni di bombe di profondità. Di nuovo, non subisce alcun danno.
3 giugno 1941
Alle 23.10 l’Argo riceve l’ordine, trasmesso da Betasom alle 19.50, di spostarsi nel quadrante 7562/32 per quarantott’ore.
4 giugno 1941
Alle 4.15 avvista una nave da guerra nemica, e forse anche altre due, in posizione 36°32’ N e 08°00’ O; s’immerge per non essere avvistato.
5 giugno 1941
Alle 23.50 l’Argo riceve da Betasom un segnale di scoperta relativo ad un convoglio che alle 18.30 si trovava nel quadrante 8511/11, con rotta 090° e velocità otto nodi, e l’ordine di intercettarlo alle 16 del 6 nel quadrante 8562/13.
6 giugno 1941
Alle 7.50 avvista in posizione 37°10’ N e 09°25’ O un sommergibile, che tuttavia manovra per evitare l’incontro. Dalle 12.55 alle 18 l’Argo è sottoposto a caccia antisommergibili, ed avverte le esplosioni di quindici bombe di profondità.
7 giugno 1941
Alle 12.30 un piroscafo viene avvistato in uscita da Lisbona con rotta 220°, in posizione 37°11’ N e 10°22’ O. Identificato come il Bagé di 8235 tsl, brasiliano e neutrale, viene lasciato andare.
8 giugno 1941
Alle 15.40, al largo di Lisbona, l’Argo viene sottoposto a caccia da parte di un cacciasommergibili, per sfuggire la quale s’immerge a 60 metri di profondità; dopo aver avvertito nove esplosioni di bombe di profondità, scende a 80 metri. Altre quattro esplosioni vengono avvertite alle 16.30, ed altre due alle 17. (Per una fonte, in questa caccia l’Argo avrebbe subito gravi danni).
11 giugno 1941
Alle 18.45 avvista due corvette in posizione 43°30’ N e 10°45’ O, e manovra per evitarle.
12 giugno 1941
Alle 15 un aereo non identificato tenta di attaccare l’Argo in posizione 44°10’ N e 08°20’ O, ma viene respinto dalle mitragliere del sommergibile, che sparano quattro caricatori.
14 giugno 1941
Conclude la missione con l’arrivo a Bordeaux alle 10.45, dopo aver percorso 3367 miglia.
12 settembre 1941
Lascia Bordeaux alle 9.05, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per trasferirsi a Le Verdon, dove arriva alle 13.30. Dalle 14 alle 16.50 esce da Le Verdon per prove della girobussola.
13 settembre 1941
Lascia Le Verdon alle 9, sempre al comando del tenente di vascello Crepas, per effettuare prove d’immersione nello stretto del Pertuis d’Antioche. A venti metri di profondità vengono riscontrate infiltrazioni d’acqua incontrollabili; il sommergibile riemerge e viene notata anche una perdita di nafta. L’Argo dirige pertanto per La Pallice per le riparazioni, arrivandovi alle 17.10.
15 settembre 1941
Uscita da La Pallice, dalle otto alle 17.55, per prove d’immersione a 40 metri di profondità. Le infiltrazioni non ci sono più.
16 settembre 1941
Lascia Le Verdon alle 9.05, al comando del tenente di vascello Alberto Crepas, per fare ritorno in Italia, a Cagliari.
Alle dieci del mattino s’immerge in posizione 39°12’ N e 13°00’ O, ma vengono riscontrati diversi problemi, tra le altre cose alla girobussola. Costretto ad orientarsi con una bussola semplice, riemerge alle 22, ed il comandante Crepas decide di rientrare a Bordeaux.
24 settembre 1941
Arriva a Bordeaux alle 16, dopo aver percorso 1895 miglia.
25 settembre-7 ottobre 1941
In riparazione a Bordeaux.
8 ottobre 1941
Lascia Bordeaux alle 8.30, al comando del capitano di corvetta Crepas, per trasferirsi a La Pallice.
10 ottobre 1941
Arriva a La Pallice.
11 ottobre 1941
Lascia La Pallice alle 18.15, al comando del capitano di corvetta Alberto Crepas, per tornare in Italia.
13 ottobre 1941
Alle 10.30, in posizione 45°32’ N e 08°08’ O (nel golfo di Guascogna), l’Argo viene attaccato da quello che viene identificato come un idrovolante PBY Catalina. In realtà si tratta di un bombardiere Lockheed Hudson, l’aereo "I" del 233rd Squadron, pilotato dal tenente Haigh, che sgancia una bomba che però cade in mare ad un centinaio di metri dal sommergibile (altra fonte identifica erroneamente l’attaccante come un aereo XP4Y "Corregidor"). L’Argo non s’immerge e dà battaglia in superficie, sparando un totale di 51 colpi da 100 mm e 478 da 13,2 mm; il bombardiere sgancia altre tre bombe, che però mancano la prua dell’Argo di una cinquantina di metri. Alle 13.30 l’aereo se ne va, ed il sommergibile s’immerge. Betasom chiede copertura aerea al BdU tedesco, che promette l’invio di due caccia Messerschmitt Bf 110, i quali però alla fine non decollano; viene invece inviato un U-Boot per fornire assistenza. (Il tenente Haigh indica posizione ed orario dell’attacco come 45°48’ N e 08°07’ O e le 9.39).
20 ottobre 1941
Alle 2.55 avvista un cacciasommergibili a 6 miglia per 153° da Malabata, e s’immerge per non essere avvistato. Attraversa poi lo stretto di Gibilterra in immersione.
24 ottobre 1941
Arriva a Cagliari alle 12.30, dopo aver percorso 2399 miglia.

Cagliari, 24 ottobre 1941: l’Argo rientra in Italia dopo un anno passato in Atlantico (g.c. STORIA Militare)

28 ottobre 1941
Lascia Cagliari alle 8.30 per trasferirsi a Napoli.
29 ottobre 1941
Arriva a Napoli alle 11.30, dopo aver percorso 285 miglia. Segue un lungo periodo di grandi lavori a Napoli.
Novembre 1941-Marzo 1942
In lavori di raddobbo a Napoli. Durante i lavori, il 31 gennaio 1942, il tenente di vascello Crepas lascia il comando dell’Argo, che viene provvisoriamente assunto dal sottotenente di vascello Guido Dall’Ostro; al termine dei lavori, il 2 marzo 1942, assume il comando dell’Argo il capitano di corvetta Giulio Contreas.
2 marzo 1942
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 9.24 alle 13, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 16 miglia.
6 marzo 1942
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 9 alle 17.25, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 46 miglia.
8 marzo 1942
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 8 alle 16.15, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 26 miglia.
9 marzo 1942
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 12.15 alle 19.05, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 41,9 miglia.
17 marzo 1942
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 7.28 alle 16.55, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 49 miglia.
24 marzo 1942
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 7.25 alle 17.46, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 51 miglia.
26 marzo 1942
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 7.35 alle 18.49, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 53,5 miglia.
28 marzo 1942
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 13.06 alle 18.52, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 44,5 miglia.
29 marzo 1942
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 15 alle 19.03, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 32,5 miglia.
1° aprile 1942
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 18.35 alle 22.25, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 37 miglia.
2 aprile 1942
Salpa da Napoli alle 19.55, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas, per un pattugliamento tra i meridiani 00°40’ E e 01°40’ O e tra i paralleli 36°20’ N e 36°40’ N (a sudest di Cabo de Gata e di Capo Palos e ad ovest di Capo Falcon), per attaccare il traffico britannico da e per Gibilterra.
10 aprile 1942
Alle 6.05 avvista un incrociatore od un grosso cacciatorpediniere a 3000 metri di distanza, in posizione 36°39’ N e 00°40’ E. L’Argo manovra per sopravanzarlo in modo da lanciare dai tubi poppieri da una distanza inferiore ai mille metri, ma durante la manovra il comandante Contreas ritiene che il sommergibile sia stato scoperto ed ordina di scendere a 120 metri di profondità. Tuttavia, non si verifica alcun attacco con bombe di profondità.
13 aprile 1942
Riceve ordine di spostarsi nei quadranti 6366 e 4566.
15 aprile 1942
Alle 2.24 l’Argo avvista da mille metri di distanza il veliero portoghese Pádua, di 665 tsl, che non disturba trattandosi di nave neutrale.
19 aprile 1942
Alle 13.10 viene avvistato un cacciatorpediniere nemico a 6 km di distanza, in posizione 36°04’ N e 01°50’ O; l’Argo s’immerge per non essere visto.
20 aprile 1942
Alle otto vengono avvistati due piccoli piroscafi francesi a 10 km di distanza.
21 aprile 1942
Alle 19.10 viene avvistata una nave e l’Argo, trovandosi in posizione favorevole, s’immerge per un attacco; tuttavia questo dev’essere interrotto quando la nave viene riconosciuta come la motonave Djebel Nador, della Francia di Vichy.
22 aprile 1942
Conclude la missione arrivando a Cagliari alle 23.05. Con venti giorni trascorsi in mare e 1796,5 miglia percorse, questa missione è tra le più lunghe effettuate in Mediterraneo da sommergibili italiani.
13 maggio 1942
Uscita da Cagliari per prove in mare dalle otto alle 15, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 22 miglia.

L’Argo a Cagliari nel maggio 1942. Rispetto a foto di epoca precedente si possono notare le rilevanti modifiche apportate alla torretta, ora più simile a quella di un U-Boot: le voluminose torrette originarie erano infatti d’intralcio ai sommergibili, riducendo l’idrodinamicità ed allungando i tempi necessari ad immergersi (foto da Wikipedia, link d’origine non funzionante; qualora il detentore dei crediti ne facesse richiesta la fonte verrà prontamente aggiunta).

17 maggio 1942
Uscita da Cagliari per prove in mare dalle sette alle 12.08, al comando del capitano di corvetta Giulio Contreas. Percorse 25 miglia.
20 maggio 1942
Alle 18 l’Argo salpa da Cagliari, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento a nordovest di Capo Caxine (Algeria), tra i meridiani 02°20’ E e 03°00’ E ed i paralleli 37°20’ N e 37°40’ N, per attaccare il traffico diretto a Malta.
27 maggio 1942
Alle 23.50, in posizione 37°40’ N e 02°10’ E, una vedetta avvista alla luce della luna un aereo in avvicinamento da poppa; prima che sia possibile immergersi, l’aereo sgancia quattro bombe di profondità che inquadrano il sommergibile, ed una anzi colpisce il timone di profondità prodiero di sinistra. Trovandosi con i tubi lanciasiluri aperti, l’Argo deve espellere tre siluri in essi contenuti; rimane in superficie ed apre il fuoco con cannone (che spara 19 colpi da 100 mm) e mitragliere contro l’attaccante (che vola in cerchio a 1000-1500 metri di distanza), identificato come un idrovolante Short Sunderland, mentre in realtà si tratta di un PBY Catalina, il velivolo "C" (matricola AJ162) del 202nd Squadron della RAF, decollato da Gibilterra e pilotato dal capitano R. Y. Powell. Il Catalina ha localizzato l’Argo al radar da 6-7 miglia di distanza e si è diretto verso il contatto, avvistandolo visivamente da 270 metri di distanza ed identificandolo come un ben più grande sommergibile classe Balilla; ha quindi mitragliato il sommergibile e sganciato otto bombe di profondità da soli quindici metri di quota (la posizione indicata da Powell è 37°38’ N e 02°05’ E). Sull’Argo si registra un ferito tra il personale della camera di lancio siluri prodiera. (Per una fonte, i danni causati da questo attacco, sebbene non molto gravi, sarebbero stati di entità tale da costringere il sommergibile al rientro).
28 maggio 1942
Riceve ordine di spostarsi 50 miglia più ad est e dieci miglia più a nord.
Alle 13.55, in posizione 37°46’ N e 02°47’ E (37°59’ N e 02°08’ E per le fonti britanniche, secondo le quali l’azione si protrasse dalle 14.15 alle 16.42) viene avvistato da 6 km di distanza un altro aereo in avvicinamento da poppa; il comandante Gigli decide di affrontarlo in superficie. L’aereo è un Sunderland del 10th Squadron della Royal Australian Air Force (l’aereo "R" di tale squadriglia), pilotato dal capitano Harold Graham Pockley, che alle 14.23 sgancia una salva di quattro bombe di profondità da 50 metri di quota, mitragliando al contempo il sommergibile. Le bombe mancano il bersaglio di poco, ed alle 14.27 il Sunderland compie un secondo passaggio, sganciando altre quattro bombe di profondità (nelle intenzioni sarebbero state di più, ma le altre non si sganciano) e venendo ripetutamente colpito dall’intenso tiro contraereo dell’Argo, che però non gli causa danni gravi. Una delle bombe cade sulla prua dell’Argo e rimane incastrata nello scafo, senza esplodere: ciò impedisce al battello d’immergersi, dal momento che vi è un serio rischio che alla profondità prestabilita essa esploda, pertanto la prosecuzione del combattimento in superficie diventa una scelta obbligata. Viene lanciato un SOS.
Il Sunderland effettua un terzo passaggio nel quale sgancia altre tre bombe di profondità senza successo, per poi andarsene finalmente alle 18.30: ma il suo posto è subito preso da un bombardiere Lockheed Hudson del 233rd Squadron, l’aereo "V" della squadriglia (matricola V9168), pilotato dal tenente Frederick George Paisey. Già alle 18.20, prima ancora che il Sunderland se ne sia andato, l’Hudson effettua un primo attacco in posizione 37°55’ N e 03°30’ E (38°09’ N e 03°27’ E secondo Paisey), sganciando quattro bombe di profondità che cadono in mare a poppa; pur mitragliato ancora una volta, l’Argo continua a rispondere rabbiosamente al fuoco con le armi di bordo. Alle 18.41 l’Hudson se ne va, e l’Argo, seriamente danneggiato, può finalmente dirigere verso Cagliari, navigando in superficie. In tutto il battello italiano ha sparato 17 colpi da 100 mm con il cannone e 1200 colpi da 13,2 mm con le mitragliere durante il combattimento. (Altra fonte, probabilmente erronea, afferma che l’Argo sarebbe stato attaccato da “un gruppo di Sunderland”, abbattendone uno e costringendo gli altri alla ritirata, ma subendo gravi danni tra cui una falla; e che con il tiro delle mitragliere avrebbe danneggiato anche l’Hudson).
Da Gibilterra escono alle 20 l’incrociatore leggero HMS Charybdis ed i cacciatorpediniere Wrestler e Westcott per tentare d’intercettare il sommergibile danneggiato, ma non riescono a trovarlo.
30 maggio 1942
Alle 7.50 l’Argo raggiunge Cagliari, ma gli viene ordinato di non entrare in porto per via della bomba inesplosa. Si ormeggia quindi ad una boa fuori dal porto, fino a che non si riesce a rendere l’ordigno inoffensivo; alle 10.30 giungono a bordo in visita il capitano di fregata Alfredo Criscuolo, comandante del VII Gruppo Sommergibili di Cagliari, e l’ammiraglio Antonio Legnani, comandante in capo della flotta subacquea italiana, che si congratulano con l’equipaggio per averla scampata. Mezz’ora dopo l’Argo può finalmente entrare in porto, dopo aver percorso 1165 miglia dalla partenza dieci giorni prima.
8 giugno 1942
Riparati provvisoriamente i danni più gravi, l’Argo (tenente di vascello Pasquale Gigli) compie un’uscita da Cagliari dalle 7.37 alle 12.30, per prove della girobussola.
10 giugno 1942
Al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, lascia Cagliari alle 18.03 per trasferirsi a Napoli, dove dovrà essere sottoposto a più approfondite riparazioni. Lo scorta nella traversata la torpediniera Enrico Cosenz.
11 giugno 1942
Arriva a Napoli alle 20, dopo aver percorso 268 miglia.
Giugno-Agosto 1942
In riparazione a Napoli.
18 agosto 1942
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 9.03 alle 15.32, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 27 miglia.
23 agosto 1942
Uscita da Napoli per prove in mare ed esercitazioni di lancio siluri, dalle 8.10 alle 12.49, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 14 miglia.
24 agosto 1942
Uscita da Napoli per esercitazioni di lancio siluri dalle 16.25 alle 23.10, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 27 miglia.
26 agosto 1942
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 15.24 alle 18.04, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 26,5 miglia.
28 agosto 1942
Lascia Napoli alle 11.03, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a La Spezia.
29 agosto 1942
Arriva a La Spezia alle 18.29, dopo aver percorso 335,2 miglia.
2 settembre 1942
Uscita da La Spezia per esercitazione dalle 11.01 alle 18.53, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 15,3 miglia.
3 settembre 1942
Uscita da La Spezia per esercitazione dalle 9.05 alle 17.48, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 17,5 miglia.
4 settembre 1942
Uscita da La Spezia per esercitazione dalle 8.40 alle 13.51, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 19,8 miglia.
5 settembre 1942
Uscita da La Spezia per collaudo dell’idrofono dalle 8.12 alle 13.46, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 12,6 miglia.
8 settembre 1942
Uscita da La Spezia per collaudo dell’idrofono e prove radiogoniometriche dalle 7.39 alle 17.20, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 47,5 miglia.
9 settembre 1942
Uscita da La Spezia per prove della girobussola dalle 8.51 alle 13.05, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 5,4 miglia.
10 settembre 1942
Lascia La Spezia alle 21.49 per trasferirsi a Cagliari, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli.
12 settembre 1942
Arriva a Cagliari alle 7.48, dopo aver percorso 351 miglia.
13 settembre 1942
Alle 17.09 l’Argo, sempre al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, parte da Cagliari per un pattugliamento al largo di Algeri, tra i meridiani 02°00’ N e 02°20’ E ed i paralleli 37°00’ N e 37°30’ N. Insieme ad esso parte da Cagliari anche il nuovissimo sommergibile Alabastro, alla sua prima missione operativa, che dovrà pattugliare un settore adiacente a quello dell’Argo.
La rotta verso la zona d’agguato passa per il punto convenzionale "C", il punto 37°08’ N e 04°10’ E ed il punto 37°08’ N e 02°40’ E.
14 settembre 1942
Alle 14.19, in posizione 37°30’ N e 05°14’ E, viene avvistato un sommergibile sconosciuto, ritenuto essere l’Alabastro. Alle 16.10, in posizione 37°24’ N e 04°58’ E (al largo di Capo Carbon), l’Argo effettua immersione rapida in seguito all’avvistamento di un idrovolante Short Sunderland: pochi minuti dopo l’aereo sorprenderà l’Alabastro in superficie e lo attaccherà, affondandolo con la morte dell’intero equipaggio.
Alle 20 viene avvistata in posizione 37°21’ N e 04°50’ E una nave illuminata diretta verso l’Algeria. Il comandante Gigli ritiene che si tratti di una nave della Francia di Vichy, quindi non tenta di attaccare.

Il cannone dell’Argo (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)

15 settembre 1942
Alle 5.02 viene avvistato in posizione 37°14’ N e 02°38’ E un sommergibile sconosciuto; l’Argo s’immerge per evitarlo.
24 settembre 1942
Alle 22.01 l’Argo avvista un Sunderland in posizione 37°14’ N e 02°15’ E, e s’immerge quattro minuti più tardi.
28 settembre 1942
Conclude la missione rientrando a Cagliari alle 11.58, dopo aver percorso 1320,5 miglia.
4 ottobre 1942
Uscita da Cagliari per prove in mare, dalle 8.03 alle 12.03, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 21,5 miglia.
21 ottobre 1942
Uscita da Cagliari per esercitazione, dalle 8.01 alle 13.10, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 28 miglia.
29 ottobre 1942
Lascia Cagliari alle 2.25, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento al largo di La Galite, in posizione 37°55’ N e 08°35’ E; deve formare uno sbarramento insieme ai sommergibili Asteria, Porfido e Nichelio.
Alle 9.23 avvista in posizione 38°13’ N e 08°47’ E tre aerei italiani, coi quali scambia il segnale di riconoscimento.
Successivamente viene richiamato alla base.
31 ottobre 1942
Arriva a Cagliari alle 5.15, dopo aver percorso 226 miglia.
7 novembre 1942
Ancora al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, l’Argo parte da Cagliari alle 4.40 per un pattugliamento delle acque comprese tra i meridiani 06°40’ E e 07°10’ E e dei paralleli 37°50’ N e 38°00’ N, su un asse orientato in direzione est-ovest.
8 novembre 1942
Tra le 3.40 e le 4.45, in posizione 37°56’ N e 07°00’ E, osserva una cinquantina di lampi all’orizzonte, verso sud (probabilmente nella direzione di Bona). Alle 4.45 s’immerge e continua la sua osservazione da quota periscopica.
Alle otto del mattino riceve ordine di spostarsi 60 miglia più ad ovest; cinque minuti dopo avvista in 37°53’ N e 06°35’ E un sommergibile che ritiene essere italiano. Alle 9.08 s’immerge in seguito all’avvistamento di un aereo non identificato in posizione 37°54’ N e 06°28’ E; alle 9.29 avvista un altro aereo, probabilmente italiano, in 37°54’ N e 06°28’ E, mentre alle 9.59 s’immerge in 37°56’ N e 06°30’ E in seguito all’avvistamento di un altro aereo non identificato.
Alle 19.35 viene avvistato un aereo non identificato con una luce rossa, in posizione 38°01’ N e 06°14’ E; alle 21.25 l’Argo riceve ordine di raggiungere il Golfo di Philippeville, tra i meridiani 06°10’ E e 07°10’ E, il parallelo 37°20’ N e la costa algerina.
9 novembre 1942
Alle 21.30 arriva nel Golfo di Philippeville, dove lo raggiunge però un nuovo ordine: penetrare nella rada di Bougie (Algeria).
10 novembre 1942
Alle 2.50 avvista in posizione 37°05’ N e 06°42’ E un sommergibile sconosciuto, ritenuto dal comandante Gigli essere probabilmente italiano. Due ore più tardi, la scena si ripete in posizione 37°05’ N e 06°39’ E.
11 novembre 1942
Alle 8.42 avvista un aereo mentre si trova a quota periscopica.
12 novembre 1942
Alle 4.05 l’Argo, mentre si trova in acque basse (20-25 metri) nella baia di Bougie ed ha appena subito un guasto all’ecoscandaglio, avvista un piroscafo in fiamme, scortato da tre corvette, in navigazione a lento moto a duemila metri di distanza. Alle 4.24, avvicinatosi alla nave danneggiata, si sta preparando ad attaccare con i siluri dai tubi prodieri, quando da dietro il bersaglio appare un altro mercantile, distante 3000-4000 metri. Il comandante Gigli manovra per portarsi in una posizione favorevole ad un attacco contro entrambi – i due bersagli si “sovrappongono” nel periscopio – ed alle 6.01, in posizione 36°42’ N e 05°10’ E, lancia quattro siluri G7e da 533 mm dai tubi prodieri, da distanza compresa tra i mille ed i duemila metri. Gigli ritiene di aver messo a segno tre siluri.
Poco dopo, l’Argo inverte la rotta e lancia altri due siluri G7e da 533 mm dai tubi poppieri contro gli stessi bersagli, da duemila metri di distanza, ritenendo di aver messo uno a segno.
L’esatto risultato di questi attacchi è discusso: quel che è certo è che due siluri della prima salva lanciata dall’Argo colpirono la nave antiaerei britannica Tynwald (capitano di vascello della riserva Philip George Wodehouse), che stava prestando assistenza al monitore Roberts (danneggiato da due bombe nel corso di un attacco aereo il girono precedente), facendola affondare rapidamente in tredici metri d’acqua. La Tynwald, completata nel 1937 dai cantieri Vickers Armstrong di Barrow-in-Furness, era in origine un piroscafo passeggeri di 2376 tsl impiegato nei collegamenti con l’Isola di Man; requisita dalla Royal Navy nel 1941, era stata trasformata in nave antiaerei, armata con 6 cannoni da 101 mm e due mitragliere quadrinate “pom-pom” da 40 mm. Insieme al Roberts ed a numerose altre unità, faceva parte della forza navale incaricata di appoggiare gli sbarchi nella baia di Bougie. Nell’affondamento, avvenuto in posizione 36°51’ N e 05°04’ E (le fonti britanniche, data la differenza di fuso orario, indicano come ora le 5.05), trovarono la morte tre ufficiali e ventuno tra sottufficiali e marinai, mentre i superstiti, tra cui tre feriti, vennero recuperati dal Roberts e dalla corvetta Samphire (destinata due mesi dopo ad essere a sua volta affondata da un sommergibile italiano, il Platino). 20 ufficiali e 175 tra sottufficiali e marinai della Tynwald vennero successivamente rimpatriati a bordo dei mercantili Strathnaver ed Ocean Volga.
Fonti italiane attribuiscono inoltre ai siluri dell’Argo anche l’affondamento della grande turbonave Awatea di 13.482 tsl, un transatlantico costruito nel 1936 per la Union Steamship Company of New Zealand e requisito come trasporto truppe nel 1939. Al comando del capitano George Brotherton Morgan, faceva parte anch’essa della flotta da sbarco Alleata, ed aveva appena sbarcato commandos a Bougie; secondo fonti britanniche, venne incendiata da aerei tedeschi (appartenenti al Kampfgeschwader 77) alle 16.50 dell’11 novembre, a due miglia per 310° da Capo Carbon, subito dopo essere ripartita da Bougie diretta a Gibilterra, venendo conseguentemente abbandonata dall’equipaggio, in massima parte neozelandese, che non aveva subito perdite all’infuori di quattro feriti. Più precisamente, l’Awatea venne colpita da due siluri (sul lato sinistro) e da una bomba (in coperta), quest’ultima rimasta inizialmente inesplosa ma poi esplosa successivamente dopo essere stata raggiunta dalle fiamme degli incendi causati dai siluri. Altre bombe cadute in mare a ridotta distanza causarono altri danni; la nave, una volta abbandonata, sarebbe stata finita da un altro attacco aereo, un miglio a nord del frangiflutti di Bougie. Non vi è menzione, da parte britannica, dei siluri dell’Argo, o comunque di un attacco di sommergibili in relazione alla perdita dell’Awatea; anche se non sembra del tutto implausibile che nel caos provocato dagli attacchi aerei serali e notturni, mentre a terra infuriavano i combattimenti e gli sbarchi erano ancora in corso, tale attacco possa essere passato inosservato, o che i siluri dell’Argo possano essere stati erroneamente attribuiti ad altri aerosiluranti. La nave in fiamme avvistata dall’Argo il mattino del 12 novembre ed attaccata insieme alla Tynwald potrebbe essere stata l’Awatea (che sarebbe quindi stata colpita), oppure il Roberts (che sarebbe dunque stato mancato). Ad ogni modo, da parte britannica la perdita dell’Awatea è interamente ed esclusivamente attribuita alla Luftwaffe.
Dopo l’attacco, l’Argo riesce a raggiungere indisturbato acque più profonde; qualche ora dopo, i britannici avvistano un sommergibile emerso ed inviano il cacciatorpediniere di scorta Bramham, le fregate Spey e Rother, il cacciatorpediniere polacco Blyskawica ed un’altra nave a dargli la caccia, ma strada facendo le cinque unità vengono tutte attaccate e danneggiate da aerei dell’Asse. Alle 23.25 l’Argo riceve ordine di rientrare alla base.


Sopra, la nave antiaerei HMS Tynwald (Imperial War Museum); sotto, l’elegante turbonave passeggeri Awatea in tempo di pace (da www.ssmaritime.com)


13 novembre 1942
Conclude la missione arrivando a Cagliari alle 17.15, dopo aver percorso 812 miglia. Per l’ardita azione nella rada di Bougie, condotta con successo nonostante la presenza di ben quattordici navi scorta nella zona di ancoraggio, il comandante Gigli riceverà la sua seconda Medaglia d’Argento al Valor Militare ("Comandante di sommergibile, in una difficile e audace missione di guerra, penetrava con ardita manovra in una rada fortemente vigilata dal nemico, affondandovi con il siluro due grossi piroscafi per complessive 25.000 tonnellate di stazza. In tutta l’azione dimostrava elevate doti di comando, spirito aggressivo e grande perizia, riuscendo così a conseguire una brillante vittoria sull’avversario che invano aveva cercato di contrastare l’offesa").
16 novembre 1942
Sempre al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, l’Argo lascia Cagliari alle 18.40 per un pattugliamento tra i meridiani 07°00’ E e 07°20’ E ed i paralleli 37°00’ N e 37°20’ N, dove deve formare uno sbarramento insieme al sommergibile Avorio.
19/20 novembre 1942
Nella notte tra il 19 ed il 20 riceve ordine di condurre una ricognizione nella rada di Philippeville.
22 novembre 1942
Alle 2.40 incontra l’Avorio al largo di Philippeville, scambiando con esso i segnali di riconoscimento.
24 novembre 1942
Rientra a Cagliari alle 12.09, dopo aver percorso 718 miglia.
5 dicembre 1942
Uscita da Cagliari per prove in mare dalle 7.49 alle 12.26, al comando del tenente di vascello Gigli. Percorse 16,5 miglia.
11 dicembre 1942
Uscita da Cagliari per esercitazione dalle 13.36 alle 17.51, al comando del tenente di vascello Gigli. Percorse 20 miglia.
28 dicembre 1942
Salpa da Cagliari alle 17.04, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento in un’area delimitata dai meridiani 04°00’ E e 05°00’ E, dal parallelo 37°20’ N e dalla costa algerina; deve formare uno sbarramento insieme ai sommergibili Giada e Dandolo.
30 dicembre 1942
Alle 21.23, in posizione 37°13’ N e 04°29’ E, l’Argo avvista a 1500 metri di distanza una torpediniera in navigazione a 14 nodi, apparentemente intenzionata a speronare il sommergibile. Immersosi prontamente, l’Argo non viene attaccato.
1° gennaio 1943
Alle 4.34 avvista a 5-6 km di distanza due piroscafi scortati da tre corvette, in posizione 37°16’ N e 04°33’ E. Avvicinatosi per attaccare, deve immergersi in profondità alle 4.40 quando una corvetta accosta verso di esso.
Successivamente riceve ordine di spostarsi in un nuovo settore d’agguato, compreso tra i meridiani 06°00’ E e 07°00’ E, il parallelo 37°30’ N e la costa algerina.
2 gennaio 1943
Alle 00.07 viene avvistata in 37°24’ N e 05°22’ E una nave da guerra di tipo non identificabile a 1500 metri di distanza; il comandante Gigli ritiene che potrebbe essere alternativamente un sommergibile, un cacciasommergibili simile all’italiano Albatros od anche una motosilurante. L’Argo prepara i tubi al lancio, ma la nave sconosciuta si allontana.
7 gennaio 1943
Alle 00.59, nella rada di Bougie, vengono avvistati in posizione 37°03’ N e 05°12’ E due incrociatori (uno dei quali identificato come della classe Southampton) e quattro cacciatorpediniere aventi rotta 270°, a duemila metri di distanza. L’Argo lancia una salva di quattro siluri da 533 mm dai tubi prodieri contro un incrociatore, ritenendo erroneamente di averne messo uno a segno. Le unità avversarie reagiscono con il lancio di quattro bombe di profondità, ma l’Argo elude la caccia scendendo a cento metri, subendo lievi danni.
Alle 18.42 vengono avvistati due aerei non identificati in 37°49’ N e 07°04’ E, ed alle 19 un aereo tedesco, che effettua tre segnali di riconoscimento, in 37°50’ N e 07°05’ E.
8 gennaio 1943
Rientra a Cagliari alle 9.30, dopo aver percorso 812 miglia.
10 gennaio 1943
Lascia Cagliari alle 6.20, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a Napoli.
11 gennaio 1943
Arriva a Napoli alle 9.42, dopo aver percorso 272 miglia.
3 febbraio 1943
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 13.57 alle 17.40, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 13 miglia.
7 febbraio 1943
Uscita da Napoli per collaudo dell’idrofono dalle 13.41 alle 19.33, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 16 miglia.
10 febbraio 1943
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 9.17 alle 15.32, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 18 miglia.
11 febbraio 1943
Uscita da Napoli per prove della girobussola dalle 7.38 alle 18.49, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 38,2 miglia.
12 febbraio 1943
Uscita da Napoli per esercitazione dalle 13.09 alle 17.31, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 14 miglia.
13 febbraio 1943
Uscita da Napoli per prove in mare dalle 9.34 alle 16.38, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 17,5 miglia.
16 febbraio 1943
Parte da Napoli alle 17, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento al largo della costa algerina, tra i meridiani 05°20’ E e 05°40’ E, il parallelo 37°20’ N e la costa algerina.
17 febbraio 1943
Alle dieci e poi di nuovo alle 15.56 l’Argo s’immerge in seguito all’avvistamento di un aereo non avvistato; la prima volta in posizione 39°56’ N e 11°25’ E, la seconda in 39°32’ N e 10°58’ E.
20 febbraio 1943
Riceve ordine di rientrare alla base.
23 febbraio 1943
Arriva a Cagliari alle 9.07, dopo aver percorso 901 miglia.
26 febbraio 1943
Uscita da Cagliari per esercitazione dalle 13.55 alle 16.50, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 12,5 miglia.
28 febbraio-1° marzo 1943
Uscita da Cagliari per esercitazione dalle 20.50 del 28 febbraio alle 9.20 del 1° marzo, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 15 miglia.
1° marzo 1943
Lascia Cagliari alle 11.15, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a La Maddalena, passando per il punto convenzionale "B" di Cagliari, poi per 39°20’ N e 10°20’ E, quindi per 41°00’ N e 10°20’ E ed infine per il punto convenzionale "A" (40°55’ N e 09°30’ E). Precede nel trasferimento l’Argento. (Probabilmente il trasferimento dei sommergibili da Cagliari a La Maddalena è conseguenza dei pesanti bombardamenti che nei giorni precedenti hanno devastato Cagliari, rendendo tale base non più sicura).
2 marzo 1943
Arriva a La Maddalena alle undici, dopo aver percorso 226,5 miglia.
11 marzo 1943
Uscita da La Maddalena per esercitazione dalle 13.31 alle 18.31, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 26 miglia.
20 marzo 1943
Uscita da La Maddalena per esercitazione dalle 13.34 alle 19.10, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 26 miglia.
26 marzo 1943
Uscita da La Maddalena per esercitazione dalle 10.15 alle 18.28, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 26,5 miglia.
30 marzo 1943
Uscita da La Maddalena per esercitazione dalle 10.08 alle 17.31, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse nove miglia.
3 aprile 1943
Salpa da La Maddalena alle 15.40, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento al largo di Cap de Fer, tra i meridiani 07°00’ E e 07°40’ E ed i paralleli 37°08’ N e 38°00’ N, formando uno sbarramento insieme ai sommergibili Acciaio, Axum e Velella.
14 aprile 1943
Riceve ordine di spostarsi nel settore delimitato dai meridiani 06°20’ E e 07°00’ E e dai paralleli 38°00’ N e 38°40’ N, per sostituire l’Axum, che ha dovuto abbandonare la missione.
16 aprile 1943
Conclude una missione priva di eventi di rilievo rientrando a Cagliari alle 11.59.
19 aprile 1943
Lascia Cagliari all’una di notte, sempre al comando del tenente di vascello Gigli, per trasferirsi a Napoli.
20 aprile 1943
Arriva a Napoli alle 8.58.


L’Argo con colorazione mimetica (g.c. STORIA militare)

6 maggio 1943
Lascia Napoli alle 8.28, al comando del tenente di vascello Gigli, per trasferirsi a Pozzuoli, dove giunge alle 10.25, conducendo prove in mare strada facendo. Percorse 18 miglia.
11 maggio 1943
Uscita da Pozzuoli per esercitazione, dalle 9.04 a mezzogiorno, al comando del tenente di vascello Gigli. Percorse 13,5 miglia.
15 maggio 1943
Uscita da Pozzuoli per esercitazione, dalle 8.15 alle 11.45, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti. Percorse 9,2 miglia.
19 maggio 1943
Lascia Pozzuoli alle 2.20 al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti per trasferirsi a La Maddalena, dove arriva alle 7.49, dopo aver percorso 254 miglia.
1° giugno 1943
Lascia La Maddalena alle 4.50, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per trasferirsi ad Ajaccio, dove arriva alle 11.55, dopo aver percorso 75 miglia.
4 giugno 1943
Uscita da Ajaccio per esercitazione, dalle 8.35 alle 12.29, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti. Percorse 18,3 miglia.
8 giugno 1943
Uscita da Ajaccio per esercitazione, dalle 8.15 alle 12.30, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti. Percorse 12,5 miglia.
12 giugno 1943
Salpa da Ajaccio alle 12.05, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per un pattugliamento tra i meridiani 05°00’ E e 05°40’ E ed i paralleli 38°20’ N e 39°00’ N.
15 giugno 1943
Riceve ordine di spostarsi 40 miglia più a sud.
17 giugno 1943
Riceve ordine di pattugliare un nuovo settore compreso tra i meridiani 05°07’ E e 05°40’ E, il parallelo 37°20’ N e la costa algerina.
19 giugno 1943
Alle 2.20 un idrovolante Short Sunderland vola in cerchio attorno all’Argo in posizione 37°16’ N e 05°19’ E. Cannonieri e mitraglieri si tengono pronti al fuoco, ma si presenta l’occasione d’immergersi eludendo l’attacco, il che viene prontamente fatto.
Alle 6.56 viene rilevato rumore di motori e l’Argo, portatosi a quota periscopica, avvista un’unità di pattuglia. Ipotizzando che la nave avversaria stia forse pattugliando le acque che a breve dovranno essere attraversate da un convoglio in arrivo nel Golfo di Bougie, il comandante Giliberti dà ordine di scendere a 50 metri, rimanendo poi in ascolto idrofonico. Alle 8.12 vengono captati dei rumori: è proprio un convoglio, in ingresso in rada con rotta 105°. Alle 9.02, in posizione 36°54’ N e 05°25’ E (a 16 miglia per 246° da Capo Carbon), l’Argo lancia quattro siluri dai tubi prodieri contro un mercantile di 7000 tsl, da tremila metri di distanza. Vengono sentite tre esplosioni, attribuite ad altrettanti siluri a segno, e l’Argo scende a 110 metri di profondità, ma non si verifica alcuna reazione. In realtà, i siluri non sono andati a segno.
21 giugno 1943
All’1.50 viene incontrato il Velella al largo di Capo Scorno: i due gemelli si scambiano il segnale di riconoscimento. L’Argo entra ad Ajaccio alle 8.55, dopo aver percorso 870,1 miglia.
22 giugno 1943
Lascia Ajaccio alle 9.30, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per trasferirsi a La Maddalena, dove arriva alle 16.20, dopo aver percorso 67,6 miglia.
25 giugno 1943
Lascia La Maddalena alle 22, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per trasferirsi a Pozzuoli, passando dal punto convenzionale "A" di Olbia, poi da 40°48’ N e 10°26’ E ed infine dal punto "C" di Napoli.
26 giugno 1943
Arriva a Pozzuoli alle 23.24, dopo aver percorso 226,1 miglia.
28 giugno 1943
Lascia Pozzuoli alle 6.10, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per trasferirsi a Napoli, dove arriva alle 8.29, dopo aver percorso 11,5 miglia.
10 luglio 1943
In seguito allo sbarco angloamericano in Sicilia, l’Argo salpa alle tre di notte da Castellammare di Stabia al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per un pattugliamento al largo della costa siciliana, nella zona 172 (tra i meridiani 12°40’ E e 13°00’ E ed i paralleli 38°25’ N e 38°35’ N). è stato attivato il Piano "Zeta" per la difesa delle coste italiane contro un’invasione nemica. Successivamente riceve ordine di spostarsi nella zona 83 (vicino a 37°02’ N e 15°28’ E).
11 luglio 1943
Alle dieci avvista numerosi aerei in posizione 37°19’ N e 15°32’ E e s’immerge per evitarli.
Riemerso, alle 11.31 avvista in posizione 37°03’ N e 15°32’ E un battellino pneumatico con a bordo quattro avieri tedeschi, l’equipaggio di un aerosilurante abbattuto; mentre li sta recuperando, avvista delle navi all’orizzonte. Non appena ha completato il salvataggio degli avieri, il sommergibile torna ad immergersi per andare all’attacco, ma le navi avversarie sono troppo lontane e scompaiono all’orizzonte.
Alle 12.15 l’Argo s’immerge a trenta metri e si avvicina a Siracusa, effettuando ascolto idrofonico e salendo ogni tanto a quota periscopica per dare un’occhiata. Alle 12.57 avvista un convoglio all’orizzonte, ed alle 13.30 identifica un incrociatore classe Southampton e diverse altre navi da guerra; successivamente, ridotte le distanze, il comandante Giliberti identifica le unità avversarie come due incrociatori (tra cui il classe Southampton) con uno schermo di quattro cacciatorpediniere. Alle 14.02, in posizione 37°02’ N e 15°28’ E, l’Argo lancia quattro siluri da quattromila metri di distanza; mentre il sommergibile scende a 110 metri di profondità, avverte un’esplosione.
Nessun siluro è andato a segno; bersaglio dell’attacco erano probabilmente gli incrociatori leggeri britannici Uganda e Carlisle, che non hanno notato i siluri. Alle 17.52 ha inizio una caccia antisommergibili, che si protrae fino alle 00.55 del 12 luglio.
12 luglio 1943
Alle due di notte l’Argo emerge e si ritira verso nordest. Alle 3.30, in posizione 37°19’ N e 15°51’ E, avvista un sommergibile sconosciuto, forse il Bronzo, diretto a Siracusa (dove poche ore dopo verrà catturato in un combattimento in cui rimarranno uccisi il suo comandante e gran parte dell’equipaggio). Alle 4.45 avvista un aereo non identificato in 37°26’ N e 15°57’ E e s’immerge per evitarlo; viene poi sottoposto a caccia dalle 4.55 alle 18.08.
13 luglio 1943
Alle 4.16, in posizione 37°56’ N e 16°42’ E, avvista lampi o razzi verso poppa, e poco dopo appaiono nella stessa direzione diversi aerei. Alle 4.36 l’Argo s’immerge, per poi essere sottoposto a caccia dalle 4.49 alle 10.05.
Successivamente, l’Argo deve abbandonare la missione per avarie ai motori.
14 luglio 1943
Arriva a Taranto alle 8.35.
22 luglio 1943
Salpa da Taranto alle 19.55 per un altro pattugliamento al largo della costa orientale siciliana a contrasto dell’invasione angloamericana, nel quadro dell’operazione "Zeta", sempre al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti. Prima di aver raggiunto la zona assegnata, tuttavia, deve invertire la rotta a causa di avarie alla bussola magnetica ed alla girobussola.
26 luglio 1943
Alle 10.24 avvista due aerei non identificati in 38°11’ N e 17°37’ E.
27 luglio 1943
Arriva a Taranto alle 10.37. I decrittatori britannici di “ULTRA” hanno intercettato alcune comunicazioni relative alla sua missione ed alle sue avarie.
30 luglio 1943
Lascia Taranto alle 19.57, al comando del tenente di vascello Arcangelo Giliberti, per trasferirsi a Monfalcone, dove dovrà sottoporsi ad un lungo periodo di lavori di grande manutenzione e riparazione delle ormai troppe avarie.
3 agosto 1943
Arriva a Venezia alle 7.16, dopo aver percorso 561 miglia.
5 agosto 1943
Lascia Venezia alle 8.31 diretto a Monfalcone, dove arriva alle 15.35, dopo aver percorso altre 55 miglia. Entra quindi in cantiere per i lavori.
 
Particolare della prua dell’Argo durante l’allestimento (da “Gli squali dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro Turrini, via www.naviearmatori.net)

Epilogo
 
L’Argo non lasciò mai più i cantieri di Monfalcone: quando l’8 settembre 1943 venne annunciato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, i lavori erano quasi terminati, ma il sommergibile non era ancora in grado di prendere il mare.
Fervevano i lavori, in quella fine di estate del 1943, nel grande polo cantieristico di Monfalcone: oltre all’Argo, vi si trovavano in riparazione o grande manutenzione un altro sommergibile, il Beilul, i MAS 518, 550 e 554 e le motosiluranti MS 41 e MS 76; ma soprattutto c’era un gran numero di unità in varie fasi di costruzione od allestimento: le corvette Egeria, Euridice, Tersicore e Melpomene, i sommergibili Nautilo (già entrato in servizio), Cromo, Ferro, Piombo, Potassio, Rame, Zinco, Bario, Litio, Sodio (tutti appartenenti alla seconda serie della classe Tritone, proprio quella derivata dalla riuscita classe Argo), R 7, R 8 e R 9, i sommergibili tascabili CM 1 (in avanzato stato di allestimento e pronto a prendere il mare), CM 2 e CM 3, i motodragamine RD 115, RD 116, RD 117, RD 118, RD 119, RD 120, RD 121 e RD 122, i rimorchiatori militari San Biagio, San Cesario e Sant’Antonio e sette navi mercantili, tra cui la nave passeggeri Ausonia (in corso di trasformazione in nave ospedale) e la motonave cisterna Antonio Zotti.
A Monfalcone non aveva sede un Comando Marina, ma vi si trovava una sezione distaccata dell’Ufficio Genio Navale di Trieste; il ruolo di comandante di Marina era ricoperto dall’ufficiale più anziano del Gruppo Sommergibili in allestimento, alle cui dipendenze si trovava anche l’Argo, insieme a Beilul, Bario, Cromo, Ferro, Litio, Nautilo, Piombo, Potassio, Rame, R 7, R 8, R 9, Sodio, Zinco, CM 2 e CM 3. Ufficiale più anziano, all’8 settembre, era il capitano di corvetta Alberto Campanella, comandante del Nautilo; non essendo Monfalcone una base navale, tuttavia, le sue difese si limitavano unicamente a sette batterie contraeree armate dalla Marina, tre fisse e quattro carreggiate.
Mentre le truppe tedesche nell’interno mettevano in atto l’operazione "Achse", per la neutralizzazione delle forze armate italiane e l’occupazione della Penisola, il comandante di Marina Trieste, capitano di vascello Lorenzo Stallo, diede ordine a tutte le navi in grado di prendere il mare di farlo, onde evitare la cattura da parte degli ex alleati.
Uniche unità in grado di salpare, tra quelle presenti a Monfalcone, erano il Nautilo, il CM 1 e due dei MAS che si trovavano ai lavori; il mattino del 9 settembre l’equipaggio dell’Argo, insieme a quello dell’altrettanto immobilizzato Beilul, s’imbarcò sul Nautilo, dopo di che sia questi che il CM 1 lasciarono Monfalcone alla volta di Venezia. Non andarono lontani: giunto a Venezia alle quattro del pomeriggio dello stesso 9 settembre, il Nautilo non fu più in grado di ripartire a causa di un’avaria, e venne così catturato dai tedeschi insieme al suo triplo equipaggio – il proprio, quello dell’Argo e quello del Beilul – quando la città sulla laguna venne occupata dalle truppe tedesche l’11 settembre 1943.
 
Contemporaneamente, a Monfalcone si consumava l’ultimo atto della storia dell’Argo.
Con la partenza del capitano di corvetta Campanella sul Nautilo, ufficiale più anziano a Monfalcone rimase il maggiore del Genio Navale Oreste Bambini, che assunse quindi il comando del cantiere; messosi in contatto con il Comando Territoriale dell’Esercito, Bambini fece salpare i due MAS in grado di muovere (518 e 554) e sabotare sia le unità non in grado di muovere ma approntabili in meno di tre mesi, come ordinato da Supermarina, sia le batterie contraeree. Centinaia di operai dei cantieri di Monfalcone si arruolarono come partigiani nella neocostituita “Brigata Proletaria”, ed affrontarono gli invasori tedeschi, insieme ad ufficiali e soldati del Regio Esercito intenzionati a resistere ed a partigiani sloveni, nella serie di scontri – protrattisi dall’11 al 26 settembre e conclusisi con la distruzione della Brigata ad opera delle preponderanti forze avversarie – che sarebbe divenuta nota come battaglia di Gorizia.
L’Argo, che era tra le unità non in grado di muovere ma approntabili in meno di tre mesi, venne autoaffondato a Monfalcone nella notte tra il 10 e l’11 settembre 1943, mentre reparti tedeschi del 211° Reggimento Granatieri della 71a Divisione Fanteria, provenienti da Trieste, procedevano all’occupazione del cantiere.
Partito il suo equipaggio con il Nautilo, ad adempiere alla triste incombenza di autoaffondare l’Argo dovette essere probabilmente personale del cantiere o di altre unità, qualcuno che non aveva vissuto su quel sommergibile e condiviso le tante peripezie che aveva attraversato dal 1940 in poi, i successi ed i pericoli, riuscendo sempre a rientrare alla base. Appena quattro giorni prima si era conclusa tragicamente anche la storia del Velella, affondato con tutto l’equipaggio da un sommergibile britannico nelle acque di Punta Licosa in Campania; e meno di due mesi prima era morto in mare il vecchio comandante dell’Argo ai tempi dell’Atlantico, Alberto Crepas, scomparso con tutto l’equipaggio del nuovissimo sommergibile da trasporto Romolo.
 
Il capo nocchiere di seconda classe Antonio Dimini dell’Argo, originario di Albona, si sottrasse alla cattura dopo l’armistizio e si unì ai partigiani che combattevano in Istria. Morì in combattimento il 29 aprile 1945, quando mancavano pochi giorni alla fine della guerra: aveva 34 anni.
 
Il relitto dell’Argo venne successivamente riportato a galla dalle truppe tedesche, che lo impiegarono come bettolina. Ulteriormente danneggiato da un bombardamento aereo il 25 maggio 1944, l’Argo venne formalmente radiato dai quadri del naviglio militare il 27 febbraio 1947, quando non era niente più che una carcassa rugginosa e inservibile. Recuperato nel dopoguerra, fu demolito nel 1948 nello stesso cantiere di Monfalcone, che l’aveva visto nascere undici anni prima.

Il relitto dell’Argo a Monfalcone nel 1947 (g.c. Giorgio Parodi).


La lettera scritta da Livio Mario Libero Salvatore Berti, di Fano, membro dell’equipaggio dell’Argo, alla madre del tenente di vascello De Santis (per g.c. del figlio Daniele Berti):
 
"Alla Signora Livia, madre del Tenente di Vascello Alessandro ne Santis: quattro pagine di vita vissuta.
Così scrissi tanti anni fa su quattro fogli di carta spessa che strappai di nascosto da un brogliaccio di bordo.
Sono le stesse pagine unte ed ingiallite che, da allora, hanno sempre atteso di essere trascritte in bella copia: perchè potesse giungere a questa Mamma sconosciuta la storia che certamente le sta a cuore più di qualsiasi altra; che nello stesso tempo è la mia storia, la stessa di tanti marinai e di tante mamme.
-Mancano pochi minuti alle tredici
-Comunicazioni dell'E.I.A.R
-Segnale orario
-Bollettino n° 190
"Come già citato nel Bollettino n° 180, il sommergibile "ARGO ", comandato dal Tenente di Vascello Alberto Crepas, che ha silurato il 1° dicembre in Atlantico il cacciatorpediniere canadese "SAGUENAY", ha attaccato il 5 dicembre un convoglio fortemente scortato, silurando un piroscafo di 12 mila T. che è affondato capovolgendosi".
Siamo lì tutti radunati in piazzetta, perchè increduli a tutte le promesse.
Dati convegno, perchè volevamo sentire con le nostre orecchie il nome del nostro "Battello". Era il premio più ambito.
Ed ecco il nostro pensiero che scavalca i Pirenei e le Alpi e vola accanto a quei cuori eccitati davanti alla radio; fra la Mamma e il Babbo il fratello e la sorella, a dir loro che sono vere e non è magia le parole che hanno sentite "Abbiamo letto il bollettino delle Forze Armate."
C'è il sole, siamo alla metà di dicembre, fa freddo. Il camerone con la stufa accesa, al centro, è il luogo più invitante di questo mondo.
-Andiamo?
-Sì, aspetta.
È un motorista come me, da una tasca scucita della sua tenuta di macchina, mimetizzata dall' olio e dalla nafta, tira fuori uno straccio colorato, se lo passa al naso, poi agli occhi.
-Andiamo.
Anch'io ci avevo pensato, ma a me non vengono le lacrime agli occhi (Una Mamma in questo istante, incredula dalla gioia come tutte le nostre mamme, per il felice rientro, sarà corsa barcollando sul primo ritratto del figliolo, se lo sarà stretto al cuore con la poca forza che l' emozione non le aveva tolta; guardato come si guarda l'immagine di un Dio, coperto di baci e bagnato con le sue lacrime sante Povera Mamma.)
La giornata era stata grigia, il grigio autunnale di novembre pieno di malinconia. È forse permesso ad un sommergibilista la superstizione, il sentimentalismo? ...No! ...Però quando uno di noi non si è mai incantato ad ammirare un tramonto, quel tale ha sicuramente una paura matta dei sogni, dei tredici e di tutti i venerdì del calendario. Ed ecco che una nube si sbianca, si rompe, ne esce uno spiraglio di luce viva: è il sole, come persona cara, che arriva tardi, ma sempre in tempo, con il sorriso dell'augurio. Si partiva.
Ventidue giorni di mare, vestiti della più rigida tenuta invernale, sfilano veloci uno alla volta nel mio cervello. Sono i ventidue capitoli di un romanzo tragico ed affascinante, interamente vissuto. I primi giorni pacifici turisti in un mare sconfinato; poi, finalmente la diana, nelle prime ore di un mattino di dicembre. È il via.
Le onde senza tanti ambasciatori cominciano a farci sapere che non navighiamo nelle acque tranquille di un lago, ma non ha importanza. Un attacco fulmineo, che sorprende tutti, meno i pochi di guardia, termina in un pauroso boato: una fiammata, una colonna d'acqua, una densa cortina di fumo bianco, poi nulla. Tenebre e mare. Quando è giorno ritorneremo sul posto e raccoglieremo i relitti del cacciatorpediniere.
C'è un po' d'orgasmo a bordo, ma dura poco. Il mare ingrossa.
Operiamo quindi in attacco collettivo con sommergibili tedeschi; c'è buona preda in vista e quella sera stessa, siamo già in zona d'attacco. Notte senza luna e senza stelle: solo razzi illuminanti nell'aria, accompag1lati dall'andare e venire di proiettili traccianti e da rombi di cannone in tutte le direzioni. Ogni tanto, metodicamente, implacabilmente, una fiammata sinistra illumina l'orizzonte di una terrificante bolgia infernale. I radiotelegrafisti di bordo, captano uno dopo l'altro, sempre più frequenti, gli S.O.S. lanciati dalle navi che, tutt'intorno a noi, nel raggio di 10 miglia, sono cadute nella inesorabile rete di ferro e di fuoco S.O.S. ancora, altre navi che hanno finito di navigare.
Una notte intera spettatori impassibili, freddi calcolatori con il minuto secondo, il miglio e il grado, fin quando una enorme massa oscura è vista venir contro alla nostra prora. Avevamo dimenticato in quell'istante il mare ed il suo gioco furibondo. Al "fuori" un'ondata di traverso ci sposta letteralmente la prora; il siluro parte e va a vuoto: è irrimediabile. La massa oscura prende una forma sempre più distinta e ci viene contro decisamente. Non ci resta che sparire al più presto dalla superficie.
Riemergiamo alla sera dopo quattordici ore sotto le bombe: la caccia sistematica, lenta, metodica, snervante. Facemmo così la sua conoscenza, posti a 100 metri, in silenziosa, titanica, estenuante fatica. Siamo solo agli inizi.
Il giorno di S. Barbara, c'è stato rancio speciale a bordo: cognac e biscotti alle dieci ed una pastasciutta coi fiocchi a mezzogiorno. Le vedette in plancia si erano già date il cambio e ci eravamo accantucciati in camera motori, davanti al pentolone, dove il caffè finiva allora di bollire. Un colpo di mare ci ammucchia tutti da una parte, la pentola evade dai fornelli e del caffè non rimangono che i fondi. Non ci è dato nemmeno un secondo per rammaricarci dell'accaduto che l'interfonico, dalla plancia, dà a tutti i locali il segnale dell'allarme aereo. Si ripete due tre volte: "Allarme aereo -a tutti i locali: posto di combattimento -mitraglieri in plancia" ed ha inizio il carosello della morte.
Due attacchi nel giro di una ventina di minuti; poi, il "SUNDERLAN", evidentemente spennato in qualche arteria vitale, scarroccia, si allontana e scompare.
All'indomani, basta un siluro che non perdona ed il boccone più grosso in una fila sghemba di navi, è centrato in pieno e scompare. Caccia immediata, bombe che per un certo tempo fanno pensare solo al regno dei cieli, sordi ed ancora storditi si riemerge quando il sole è già alto.
Si continua ad andare avanti.
Seguono quattro interminabili giorni alle prese con l'uragano, a più di mille miglia dalla costa. Sei ore su ventiquattro in superficie: ore di acrobazia per tenerci diritti nell'interno; ore di eroica fatica per la gente in plancia, legata ed inzuppata nel gelo. Il mare è in furia contro tutti gli elementi: durante le poche ore di carica e rigenerazione d'aria, costretti per forza a navigare in superficie. Il "Battello" beccheggia, scendendo or di prora ed or di poppa con una velocità impressionante; quando rolla, fa tenere il respiro in sospeso, restando fermo per secondi eterni in una posa obliqua da capovolgere Ogni tanto torretta e vedette sono totalmente immerse in una ondata gigantesca, ed allora il personale di guardia in camera manovra è di fronte alla più raccapricciante delle cascate. Ogni dispositivo sotto stante un po' alla volta si rende inservibile. La radio, ormai irriparabile, non riceve e non trasmette.
Nelle prime ore del quarto giorno, un cortocircuito, per la caduta d'acqua dal portello della torretta, forse la più nutrita di tutte le precedenti, genera una fiammata; una fiamma che si propaga come il propagarsi della folgore: un paio di secondi immersi in un bagliore di luce accecante; poi, nel buio perfetta, si va in immersione. Si rientra!
È l'avviso che tutti raccogliamo con la più viva soddisfazione. Ormai il "battello" è pressocchè inservibile per nuocere al nemico. I salti ed i balli dalla gioia, naturalmente, ce li fa fare ancora il mare. Ma quali ostacoli non avremmo sormontato, pur di giungere al più presto alla nostra base??? I giorni e le ore sono segnate metodicamente, con l'avidità e l'ingordigia d'un usuraio che conta e depone nel suo scrigno segreto, le ultime gemme di uno stupendo diadema. Passano alcuni giorni e finalmente l'Ufficiale di rotta, ci dà l'avviso: mancano ventiquattro ore. Siamo in pieno golfo di Guascogna.
Alle quattro del pomeriggio, la solita scrollatina mi sveglia: è il mio turno di guardia. Rispondo, come il solito, con il più insignificante dei gesti alla scrollatina, ma non mi alzo. Ancora immerso nel torpore del sonno sento un frammistio di voci, di comandi eccitati dalla plancia: telefoni, microfoni, telegrafi di macchina sono in orgasmo; i termici fanno cento manovre. Mi drizzo a sedere, tenendomi dove meglio posso, con le mani, sulla traballante branda: vedo facce sbiancate, occhi sbarrati, corpi convulsi chi si muovono meccanicamente, ed ecco uno che parla:
-Il tenente è a mare! No! lo non credo Nessuno ci crede. Il mare è ancora grosso, ma i cinturoni sono solidi. Calmo ed impassibile, di granito, come erano di granito le vedette di fronte al frangersi di quelle onde fredde e selvagge, aveva dato il cambio di guardia. La voce è raccolta e corre per tutti i locali: dà ancora un rapido consulto al suo cronometro; è ora, e impensatamente si libera da ciò che lo lega, su quel punto più alto della torretta. Un'onda è là in agguato che spia. Balza sopra tutto e tutti, con la felinità affamata di una fiera. Un attimo
di smarrimento, di confusione, poi un grido lacerante:
- Fermare e macchine !!!
Indietro tutta!!!
Il Tenente è a mare: salvagenti, cime e sacchetti e tutto ciò che galleggia gli viene gettato contro. Lui si libera del cappottone di pelle, degli stivali e man mano di tutto ciò che ingombra e che pesa, con la prodigiosità di un eroe mitologico, in una lotta furibonda per la vita e per la morte. Il Comandante manovra con ogni mezzo a disposizione per portarsi vicino col "battello". Un cannoniere che non ha tempo per gli indugi, legato malamente alla vita con la cima di un sacchetto, si butta a mare. È con lui il cuore e l'anima dell'intero equipaggio.
Le sue prime bracciate sono rapide e vigorose; eccoli quasi uniti, si può gridare al miracolo?... No! Quando solo qualche metro li divideva un'altra onda si frantuma tra i corpi, ormai intirizziti dal gelo. Dal ribollire della schiuma, si rivede il cannoniere che stancamente si muove e, lontano, la testa ricciuta del Tenente, un braccio che si leva e scompare. È il suo ultimo saluto.
Hanno visto tutti, anche quelli che non c'erano: nessuno ci crede.
È un sogno, un bruttissimo sogno. Il Tenente è sempre con noi, è stanco, l'acqua è fredda e lui non è un leone; ora riposa nella sua cuccetta, non passeremo per il quadrato Ufficiali, si potrebbe svegliare... Delirio.
Nessuno pensa a mangiare, nessuno ha sete: con catene di buglioli si continua a vuotare l'acqua dalla camera manovra.
Ecco la nuova alba, poi, il meriggio decembrino.
- Terra in vista!...
- Aprire i portelli!
- Gente in coperta!
Abbagliati dalla luce del sole, quasi ubriachi di quell'aria che non sa di olio, di nafta e di sentina, ci rannicchiamo intorno alla torretta. Perchè la bandiera vittoriosa è a mezz'asta? Perchè non si vede la figura giovane e maschia del Tenente, il suo sorriso calmo e confidente?... Quella bandiera è la realtà, ed è inutile continuare con i sogni.
Questa mattina c'è stata assemblea generale a bordo, già dalle sette il Cappellano Militare è sull’"ARGO" e con lui tutti noi. Poi siamo tutti radunati in camera lancio-avanti. Una bandiera tricolore, sul fondo, è stesa verticale a coprire i tubi di lancio; un candido lino copre un insieme rettangolare; sopra, quattro accumulatori portatili sono accesi ai lati di un calice coperto e di un Crocefisso in piedi, in alto, al centro della bandiera. A lato del calice, un messale; parte a parte altri arredi, in tutto un Altare. Davanti all'Altare, su un debole rialzo, ai piedi di esso, un guanciale coperto da un drappo nero. Sopra: il suo berretto, la fascia azzurra e la sua sciabola. Noi siamo schierati su due file ai lati: il Sacerdote inizia il rito di suffragio.
C'è tutt'intorno un'atmosfera mistica, di raccoglimento e di adorazione.
Siamo tutti uomini: i cinquanta personaggi d'un epico dramma, per nulla in contrasto con l'altare improvvisato sul ferro di prora; uniti a ringraziare Dio, uniti a rendere l'ultimo saluto allo scomparso.
Ed eccoci in ginocchio, tutti partecipi alla Mensa Eucaristica, prostrati di fronte a quegli ordigni di morte, a ricevere dalle mani del Ministro di Dio l'Ostia Consacrata.
"Il Tenente è lì in mezzo a noi, vivo e palpitante. Sorride, sorride per i nostri timori, le nostre paure e le malefatte di tutti i giorni. È orgoglioso di noi; del suo equipaggio che conosce fino all'anima, del suo equipaggio che gli ha fatto sprecare tanto fiato e che gli ha dato infine le più insperate soddisfazioni. Giovane e forte, freddo ed implacabile arciere contro il nemico, lo vediamo ancora amico, padre, fratello; figlio, come noi figli, di una mamma lontana che non potrà mai riabbracciare".
È il Cappellano che parla; non l'aveva conosciuto e dice di lui, da quel po' che ha sentito raccontare da noi.
Sono parole magiche le sue? No! È la verità; e la realtà è di fronte al più assoluto dei silenzi. Un silenzio rotto da singhiozzi che rigano le guance, che stringe il cuore e toglie il respiro.
A me non vengono le lacrime agli occhi E tu Mamma lontana, nella tua gioia piena di desolazione, quando saprai che lui, il tuo figliolo non tornerà più, sii forte nel dolore e non crederlo mai. Era con noi stamattina, davanti ai suoi siluri, in mezzo al suo equipaggio: sarà sempre con te, accanto al tuo cuore e non ti abbandonerà mai.
Sappi che anche noi gli abbiamo voluto tanto bene.
Quando, un giorno, l’"ARGO" per ciascuno di noi non sarà che un ricordo; e tu Mamma, se sola e pensosa nel tuo grande dolore ancora cercherai conforto, ricorda l'Altare di prora, questo altare: dove per lui, per il tuo Sandro, ho visto i lupi di mare piangere.
Così scrissi tanti anni fa su quattro fogli di carta spessa che strappai di nascosto da un brogliaccio di bordo.
Sono le stesse pagine unte ed ingiallite che, da allora, hanno sempre atteso di essere trascritte in bella copia: perchè potesse giungere a questa Mamma sconosciuta la storia che certamente le sta a cuore più di qualsiasi altra; che nello stesso tempo è la mia storia, la stessa di tanti marinai e di tante mamme.
-Mancano pochi minuti alle tredici
-Comunicazioni dell'E.I.A.R
-Segnale orario
-Bollettino n° 190
"Come già citato nel Bollettino n° 180, il sommergibile "ARGO ", comandato dal Tenente di Vascello Alberto Crepas, che ha silurato il 1° dicembre in Atlantico il cacciatorpediniere canadese "SAGUENAY", ha attaccato il 5 dicembre un convoglio fortemente scortato, silurando un piroscafo di 12 mila T. che è affondato capovolgendosi".
Siamo lì tutti radunati in piazzetta, perchè increduli a tutte le promesse.
Dati convegno, perchè volevamo sentire con le nostre orecchie il nome del nostro "Battello". Era il premio più ambito.
Ed ecco il nostro pensiero che scavalca i Pirenei e le Alpi e vola accanto a quei cuori eccitati davanti alla radio; fra la Mamma e il Babbo il fratello e la sorella, a dir loro che sono vere e non è magia le parole che hanno sentite "Abbiamo letto il bollettino delle Forze Armate."
C'è il sole, siamo alla metà di dicembre, fa freddo. Il camerone con la stufa accesa, al centro, è il luogo più invitante di questo mondo.
-Andiamo?
-Sì, aspetta.
È un motorista come me, da una tasca scucita della sua tenuta di macchina, mimetizzata dall' olio e dalla nafta, tira fuori uno straccio colorato, se lo passa al naso, poi agli occhi.
-Andiamo.
Anch'io ci avevo pensato, ma a me non vengono le lacrime agli occhi (Una Mamma in questo istante, incredula dalla gioia come tutte le nostre mamme, per il felice rientro, sarà corsa barcollando sul primo ritratto del figliolo, se lo sarà stretto al cuore con la poca forza che l' emozione non le aveva tolta; guardato come si guarda l'immagine di un Dio, coperto di baci e bagnato con le sue lacrime sante Povera Mamma.)
La giornata era stata grigia, il grigio autunnale di novembre pieno di malinconia. È forse permesso ad un sommergibilista la superstizione, il sentimentalismo? ...No! ...Però quando uno di noi non si è mai incantato ad ammirare un tramonto, quel tale ha sicuramente una paura matta dei sogni, dei tredici e di tutti i venerdì del calendario. Ed ecco che una nube si sbianca, si rompe, ne esce uno spiraglio di luce viva: è il sole, come persona cara, che arriva tardi, ma sempre in tempo, con il sorriso dell'augurio. Si partiva.
Ventidue giorni di mare, vestiti della più rigida tenuta invernale, sfilano veloci uno alla volta nel mio cervello. Sono i ventidue capitoli di un romanzo tragico ed affascinante, interamente vissuto. I primi giorni pacifici turisti in un mare sconfinato; poi, finalmente la diana, nelle prime ore di un mattino di dicembre. È il via.
Le onde senza tanti ambasciatori cominciano a farci sapere che non navighiamo nelle acque tranquille di un lago, ma non ha importanza. Un attacco fulmineo, che sorprende tutti, meno i pochi di guardia, termina in un pauroso boato: una fiammata, una colonna d'acqua, una densa cortina di fumo bianco, poi nulla. Tenebre e mare. Quando è giorno ritorneremo sul posto e raccoglieremo i relitti del cacciatorpediniere.
C'è un po' d'orgasmo a bordo, ma dura poco. Il mare ingrossa.
Operiamo quindi in attacco collettivo con sommergibili tedeschi; c'è buona preda in vista e quella sera stessa, siamo già in zona d'attacco. Notte senza luna e senza stelle: solo razzi illuminanti nell'aria, accompag1lati dall'andare e venire di proiettili traccianti e da rombi di cannone in tutte le direzioni. Ogni tanto, metodicamente, implacabilmente, una fiammata sinistra illumina l'orizzonte di una terrificante bolgia infernale. I radiotelegrafisti di bordo, captano uno dopo l'altro, sempre più frequenti, gli S.O.S. lanciati dalle navi che, tutt'intorno a noi, nel raggio di 10 miglia, sono cadute nella inesorabile rete di ferro e di fuoco S.O.S. ancora, altre navi che hanno finito di navigare.
Una notte intera spettatori impassibili, freddi calcolatori con il minuto secondo, il miglio e il grado, fin quando una enorme massa oscura è vista venir contro alla nostra prora. Avevamo dimenticato in quell'istante il mare ed il suo gioco furibondo. Al "fuori" un'ondata di traverso ci sposta letteralmente la prora; il siluro parte e va a vuoto: è irrimediabile. La massa oscura prende una forma sempre più distinta e ci viene contro decisamente. Non ci resta che sparire al più presto dalla superficie.
Riemergiamo alla sera dopo quattordici ore sotto le bombe: la caccia sistematica, lenta, metodica, snervante. Facemmo così la sua conoscenza, posti a 100 metri, in silenziosa, titanica, estenuante fatica. Siamo solo agli inizi.
Il giorno di S. Barbara, c'è stato rancio speciale a bordo: cognac e biscotti alle dieci ed una pastasciutta coi fiocchi a mezzogiorno. Le vedette in plancia si erano già date il cambio e ci eravamo accantucciati in camera motori, davanti al pentolone, dove il caffè finiva allora di bollire. Un colpo di mare ci ammucchia tutti da una parte, la pentola evade dai fornelli e del caffè non rimangono che i fondi. Non ci è dato nemmeno un secondo per rammaricarci dell'accaduto che l'interfonico, dalla plancia, dà a tutti i locali il segnale dell'allarme aereo. Si ripete due tre volte: "Allarme aereo -a tutti i locali: posto di combattimento -mitraglieri in plancia" ed ha inizio il carosello della morte.
Due attacchi nel giro di una ventina di minuti; poi, il "SUNDERLAN", evidentemente spennato in qualche arteria vitale, scarroccia, si allontana e scompare.
All'indomani, basta un siluro che non perdona ed il boccone più grosso in una fila sghemba di navi, è centrato in pieno e scompare. Caccia immediata, bombe che per un certo tempo fanno pensare solo al regno dei cieli, sordi ed ancora storditi si riemerge quando il sole è già alto.
Si continua ad andare avanti.
Seguono quattro interminabili giorni alle prese con l'uragano, a più di mille miglia dalla costa. Sei ore su ventiquattro in superficie: ore di acrobazia per tenerci diritti nell'interno; ore di eroica fatica per la gente in plancia, legata ed inzuppata nel gelo. Il mare è in furia contro tutti gli elementi: durante le poche ore di carica e rigenerazione d'aria, costretti per forza a navigare in superficie. Il "Battello" beccheggia, scendendo or di prora ed or di poppa con una velocità impressionante; quando rolla, fa tenere il respiro in sospeso, restando fermo per secondi eterni in una posa obliqua da capovolgere Ogni tanto torretta e vedette sono totalmente immerse in una ondata gigantesca, ed allora il personale di guardia in camera manovra è di fronte alla più raccapricciante delle cascate. Ogni dispositivo sotto stante un po' alla volta si rende inservibile. La radio, ormai irriparabile, non riceve e non trasmette.
Nelle prime ore del quarto giorno, un cortocircuito, per la caduta d'acqua dal portello della torretta, forse la più nutrita di tutte le precedenti, genera una fiammata; una fiamma che si propaga come il propagarsi della folgore: un paio di secondi immersi in un bagliore di luce accecante; poi, nel buio perfetta, si va in immersione. Si rientra!
È l'avviso che tutti raccogliamo con la più viva soddisfazione. Ormai il "battello" è pressocchè inservibile per nuocere al nemico. I salti ed i balli dalla gioia, naturalmente, ce li fa fare ancora il mare. Ma quali ostacoli non avremmo sormontato, pur di giungere al più presto alla nostra base??? I giorni e le ore sono segnate metodicamente, con l'avidità e l'ingordigia d'un usuraio che conta e depone nel suo scrigno segreto, le ultime gemme di uno stupendo diadema. Passano alcuni giorni e finalmente l'Ufficiale di rotta, ci dà l'avviso: mancano ventiquattro ore. Siamo in pieno golfo di Guascogna.
Alle quattro del pomeriggio, la solita scrollatina mi sveglia: è il mio turno di guardia. Rispondo, come il solito, con il più insignificante dei gesti alla scrollatina, ma non mi alzo. Ancora immerso nel torpore del sonno sento un frammistio di voci, di comandi eccitati dalla plancia: telefoni, microfoni, telegrafi di macchina sono in orgasmo; i termici fanno cento manovre. Mi drizzo a sedere, tenendomi dove meglio posso, con le mani, sulla traballante branda: vedo facce sbiancate, occhi sbarrati, corpi convulsi chi si muovono meccanicamente, ed ecco uno che parla:
-Il tenente è a mare! No! lo non credo Nessuno ci crede. Il mare è ancora grosso, ma i cinturoni sono solidi. Calmo ed impassibile, di granito, come erano di granito le vedette di fronte al frangersi di quelle onde fredde e selvagge, aveva dato il cambio di guardia. La voce è raccolta e corre per tutti i locali: dà ancora un rapido consulto al suo cronometro; è ora, e impensatamente si libera da ciò che lo lega, su quel punto più alto della torretta. Un'onda è là in agguato che spia. Balza sopra tutto e tutti, con la felinità affamata di una fiera. Un attimo
di smarrimento, di confusione, poi un grido lacerante:
- Fermare e macchine !!!
Indietro tutta!!!
Il Tenente è a mare: salvagenti, cime e sacchetti e tutto ciò che galleggia gli viene gettato contro. Lui si libera del cappottone di pelle, degli stivali e man mano di tutto ciò che ingombra e che pesa, con la prodigiosità di un eroe mitologico, in una lotta furibonda per la vita e per la morte. Il Comandante manovra con ogni mezzo a disposizione per portarsi vicino col "battello". Un cannoniere che non ha tempo per gli indugi, legato malamente alla vita con la cima di un sacchetto, si butta a mare. È con lui il cuore e l'anima dell'intero equipaggio.
Le sue prime bracciate sono rapide e vigorose; eccoli quasi uniti, si può gridare al miracolo?... No! Quando solo qualche metro li divideva un'altra onda si frantuma tra i corpi, ormai intirizziti dal gelo. Dal ribollire della schiuma, si rivede il cannoniere che stancamente si muove e, lontano, la testa ricciuta del Tenente, un braccio che si leva e scompare. È il suo ultimo saluto.
Hanno visto tutti, anche quelli che non c'erano: nessuno ci crede.
È un sogno, un bruttissimo sogno. Il Tenente è sempre con noi, è stanco, l'acqua è fredda e lui non è un leone; ora riposa nella sua cuccetta, non passeremo per il quadrato Ufficiali, si potrebbe svegliare... Delirio.
Nessuno pensa a mangiare, nessuno ha sete: con catene di buglioli si continua a vuotare l'acqua dalla camera manovra.
Ecco la nuova alba, poi, il meriggio decembrino.
- Terra in vista!...
- Aprire i portelli!
- Gente in coperta!
Abbagliati dalla luce del sole, quasi ubriachi di quell'aria che non sa di olio, di nafta e di sentina, ci rannicchiamo intorno alla torretta. Perchè la bandiera vittoriosa è a mezz'asta? Perchè non si vede la figura giovane e maschia del Tenente, il suo sorriso calmo e confidente?... Quella bandiera è la realtà, ed è inutile continuare con i sogni.
Questa mattina c'è stata assemblea generale a bordo, già dalle sette il Cappellano Militare è sull’"ARGO" e con lui tutti noi. Poi siamo tutti radunati in camera lancio-avanti. Una bandiera tricolore, sul fondo, è stesa verticale a coprire i tubi di lancio; un candido lino copre un insieme rettangolare; sopra, quattro accumulatori portatili sono accesi ai lati di un calice coperto e di un Crocefisso in piedi, in alto, al centro della bandiera. A lato del calice, un messale; parte a parte altri arredi, in tutto un Altare. Davanti all'Altare, su un debole rialzo, ai piedi di esso, un guanciale coperto da un drappo nero. Sopra: il suo berretto, la fascia azzurra e la sua sciabola. Noi siamo schierati su due file ai lati: il Sacerdote inizia il rito di suffragio.
C'è tutt'intorno un'atmosfera mistica, di raccoglimento e di adorazione.
Siamo tutti uomini: i cinquanta personaggi d'un epico dramma, per nulla in contrasto con l'altare improvvisato sul ferro di prora; uniti a ringraziare Dio, uniti a rendere l'ultimo saluto allo scomparso.
Ed eccoci in ginocchio, tutti partecipi alla Mensa Eucaristica, prostrati di fronte a quegli ordigni di morte, a ricevere dalle mani del Ministro di Dio l'Ostia Consacrata.
"Il Tenente è lì in mezzo a noi, vivo e palpitante. Sorride, sorride per i nostri timori, le nostre paure e le malefatte di tutti i giorni. È orgoglioso di noi; del suo equipaggio che conosce fino all'anima, del suo equipaggio che gli ha fatto sprecare tanto fiato e che gli ha dato infine le più insperate soddisfazioni. Giovane e forte, freddo ed implacabile arciere contro il nemico, lo vediamo ancora amico, padre, fratello; figlio, come noi figli, di una mamma lontana che non potrà mai riabbracciare".
È il Cappellano che parla; non l'aveva conosciuto e dice di lui, da quel po' che ha sentito raccontare da noi.
Sono parole magiche le sue? No! È la verità; e la realtà è di fronte al più assoluto dei silenzi. Un silenzio rotto da singhiozzi che rigano le guance, che stringe il cuore e toglie il respiro.
A me non vengono le lacrime agli occhi E tu Mamma lontana, nella tua gioia piena di desolazione, quando saprai che lui, il tuo figliolo non tornerà più, sii forte nel dolore e non crederlo mai. Era con noi stamattina, davanti ai suoi siluri, in mezzo al suo equipaggio: sarà sempre con te, accanto al tuo cuore e non ti abbandonerà mai.
Sappi che anche noi gli abbiamo voluto tanto bene.
Quando, un giorno, l’"ARGO" per ciascuno di noi non sarà che un ricordo; e tu Mamma, se sola e pensosa nel tuo grande dolore ancora cercherai conforto, ricorda l'Altare di prora, questo altare: dove per lui, per il tuo Sandro, ho visto i lupi di mare piangere."

La risposta della madre di Alessandro De Santis:

"BETASOM (Bordeaux)
14 dicembre 1940
Non può credere quanto abbia gradito la sua rievocazione e l'invio che me ne ha fatto, che testimoniano quanto ancor vivo sia in Lei la memoria per il mio Eroico Figlio.
Livia Fusari De Santis
Roma, 13 dicembre 1956"



L’Argo su Regiamarina.net

5 commenti:

  1. Lorenzo buongiorno, forse te ne sei già accorto o forse no ma i link al Museo dei Cantieri Riuniti www.archeologiaindustriale.it non è più operativo. E' stato sostituito dal sito www.mucamonfalcone.it

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    1. Sì, purtroppo col passare del tempo vari link fanno questa fine...

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  2. Altra piccola precisazione, il comando del battello nel novembre 1942 durante la missione di attacco nel porto di Bougie era tenuto dal CC Pasquale Gigli https://www.difesa.it/Area_Storica_HTML/editoria/2016/uomini-mm/Pagine/index.html#p=261

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    1. La ringrazio, provvedo ad inserire questa informazione nella pagina.

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  3. Buonasera, ho scoperto solo oggi questa splendida pagina sul sommergibile Argo, molto caro alla mia famiglia.
    Mi zio e mio padrino , Renzo Pardini, era sottoffuciale marconista dell’Argo e quando ero un ragazzo mi ha raccontato tutto quello che ho trovato scritto in queste struggenti pagine.
    Era legatissimo alla sua storia e ai suoi commilitoni dell’Argo.
    Vorrei tanto trovare l’elenco di dell’equipaggio dell’Argo e trovare altre testimonianze e farne un libro in memoria di mio zio Renzo e di tutti coloro che sono stati suoi commilitoni .
    Andre Taccini

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